martedì 18 dicembre 2012

Lampedusa, gestione emergenziale a emergenza finita

Di Fulvio Vassallo Paleologo - L`anno scorso, all`epoca dell`«emergenza Nord Africa», Lampedusa fu militarizzata e divenne una zona rossa dove il diritto era sospeso. Ora gli arrivi sono calati dell`80%, ma l`intera Sicilia diventa terra di reclusione. La gestione emergenziale, non giustificata dai numeri, comporta tempi lunghissimi di trasferimento, sovraffollamento e tensioni. Dall`isola delle Pelagie a Mineo, l`incapacità italiana di gestire l`ordinario.
Lo scorso anno, l`anno dell`emergenza immigrazione dal Nord Africa, era stata Lampedusa ad essere trasformata in una zona di confinamento militarizzata, una zona rossa nella quale erano sospesi i più elementari diritti fondamentali della persona umana. Quest`anno è l`intera Sicilia, in tanti luoghi nascosti, che diventa una zona di sospensione del diritto, a seconda delle esigenze di contrasto dell`immigrazione irregolare e di accoglienza/detenzione dei richiedenti protezione internazionale.

Malgrado la diminuzione sostanziale degli arrivi, solo il 20 per cento rispetto allo scorso anno, si continua a praticare una politica di emergenza proprio quando si annuncia che i finanziamenti dello Stato alla Protezione Civile, per gli interventi sulla c.d. emergenza immigrazione Nord africa, cesseranno al 31 marzo 2013 (termine prorogato di recente con un provvedimento che comunque appare privo di copertura finanziaria).

E l`emergenza che lo scorso anno si «concentrava» sull`isola di Lampedusa si trasferisce, per effetto delle scelte del governo, su quelle strutture di accoglienza dove vengono trasferiti i migranti dopo settimane di blocco a Lampedusa, persone già esasperate da una lunga attesa in un limbo giuridico intollerabile e in condizioni di trattenimento contrarie alla dignità della persona umana. A Mineo, dove al massimo potrebbero trovarsi 1800 migranti, si sarebbe arrivati addirittura ad oltre 3000 persone, alcune in attesa da tempo di un responso sulla loro richiesta di asilo, altre appena arrivate da Lampedusa dopo settimane di accoglienza/detenzione. Questo e non un inesistente aumento degli arrivi, come sostengono alcuni mezzi di informazione, determina il clima di tensione che nei giorni scorsi è sfociato in diversi incidenti all`interno del Cara di Mineo.

Da alcuni mesi le persone appena sbarcate a Lampedusa e nelle altre località della costa meridionale, da Mazara del Vallo a Porto Palo di Capo Passero, anche quando sono salvate in mare ed entrano irregolarmente nel nostro territorio per esigenze di soccorso, vengono confinate per settimane in strutture dallo status giuridico assolutamente incerto, in condizioni di totale promiscuità, e per un tempo indeterminato, al punto che sono sempre più frequenti gli scontri etnici e le iniziative di protesta.

Da ultimo, mentre si mantiene sottodimensionato il sistema di protezione per richiedenti asilo sul territorio nazionale, si sta pericolosamente gonfiando una bolla di emergenza immigrazione nel CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Mineo. Piuttosto che praticare una accoglienza diffusa in tutte le regioni italiane si continua a concentrare in questa struttura migliaia di persone in attesa della decisione della commissione territoriale o del giudice del ricorso contro il diniego, presso il tribunale di Catania.

L`ultima scintilla, che ha fatto deflagrare una situazione già incandescente da settimane, è stata il trasferimento nel mega CARA di Mineo, nei giorni scorsi, di 400 migranti salvati in acque internazionali e poi giunti a Lampedusa prevalentemente di origine sub sahariana, dunque generalmente ammessi, a differenza dei maghrebini, alle procedure di asilo. Evidentemente non si voleva o non si poteva, per carenza di posti, trasferirli in altre strutture di accoglienza ubicate in altre regioni italiane.

Ormai anche i potenziali richiedenti asilo, subito dopo l`ingresso nel territorio, o il salvataggio in mare, sono sottoposti a lungi periodi di trattenimento amministrativo. Numerosi rapporti di importanti agenzie internazionali, da ultimo l`allarme dell`OIM, hanno evidenziato come sovente gli stranieri vengano trattenuti presso gli attuali centri di prima accoglienza per periodi di tempo considerevolmente lunghi, variabili da alcuni giorni fino a settimane o mesi, senza che la normativa definisca con chiarezza e tassatività i diritti degli stranieri presenti e senza che tale situazione di effettiva limitazione della libertà personale sia sottoposta ad alcun controllo giurisdizionale.

Va sottolineato che tale situazione, non è conforme alla legislazione italiana in materia di provvedimenti limitativi della libertà, violando in particolare l`art.13 della Costituzione italiana, e potrebbe altresì configurarsi una violazione dell`art. 5 comma 1 della Convenzione Europea dei diritti Umani (CEDU). Una situazione che è stata oggetto delle vive preoccupazioni espresse dal Gruppo sulla detenzione arbitraria istituito in seno allo Human Rights Council delle Nazioni Unite, che ha altresì ricordato l`inadempienza del Governo italiani nel porre rimedio a una situazione da tempo evidenziata.

Anche in Sicilia è sempre più frequente il trattenimento amministrativo dei migranti appena sbarcati in strutture informali (scuole, palestre, stadi, capannoni industriali) innanzitutto al fine esclusivo delle indagini, quindi per dividere coloro che la polizia ritiene meritevoli di accesso alla procedura di asilo, da coloro che invece vengono ritenuti soltanto come migranti economici irregolari, e dunque destinati a respingimento sulla base degli accordi bilaterali conclusi dall`Italia con diversi paesi come la Tunisia, l`Egitto, la Nigeria.

E questo avviene anche se l`Italia, e l`Unione Europea, non hanno mai adottato una lista di "paesi terzi sicuri`, e dunque le autorità di polizia dovrebbero ricevere le domande di asilo da qualsiasi migrante che faccia ingresso nel nostro territorio, senza arrogarsi il diritto di decidere chi può essere portato a contatto degli enti di tutela e chi invece va isolato al fine di preparare il respingimento con accompagnamento forzato, magari con la fattiva collaborazione del console di turno. E invece succede che spesso le autorità consolari sono messe in condizione di identificare chi vorrebbe proporre una richiesta di protezione internazionale. E questo avviene per un uso distorto dei centri di prima accoglienza e soccorso che svolgono di fatto la funzione dei vecchi centri di identificazione aboliti nel 2007, dopo le gravi censure della Commissione ministeriale presieduta da De Mistura, e per rispettare la direttiva comunitaria 2005/85/CE sulle procedure di asilo, attuata in Italia con il decreto legislativo n.25 del 2008.

In base all`art.23 del Regolamento di attuazione n.394 del 1999, le attività di prima accoglienza e soccorso e quelle svolte per esigenze igienico-sanitarie, si possono svolgere infatti anche al di fuori dei centri di identificazione ed espulsione solo 'per il tempo strettamente necessario all`avvio dello stesso ai predetti centri o all`adozione dei provvedimenti occorrenti per l`erogazione di specifiche forme di assistenza di competenza dello Stato`. E la Direttiva 2003/9/CE impone agli stati precisi doveri di accoglienza dei richiedenti asilo, un`accoglienza che non può trasformarsi in detenzione o in confinamento come pure si vorrebbe con la nuova proprosta di Direttiva ancora in discussione a livello comunitario.

Ma in Italia, da parte delle autorità amministrative, si vogliono bruciare le tappe ed anticipare le nuove pratiche di detenzione e di confinamento dei richiedenti asilo che potrebbero essere presto avallate a livello comunitario. Si profila una vera e propria metamorfosi del diritto di asilo, da diritto fondamentale riconosciuto alla persona, incluso il diritto di accesso al territorio ed alla relativa procedura, a mera concessione elargita dalle autorità amministrative a seconda della provenienza della persona, degli accordi di riammissione esistenti con i paesi di origine e delle contingenze politiche interne del momento.

Questa metamorfosi è già evidente nel CARA di Mineo e non sarà certo la direttiva adottata dal Ministero dell`interno nei confronti dei cd. profughi dalla Libia sulla concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari,che farà chiarezza su una situazione che appare sempre più confusa, per la impossibilità di distinguere in molti casi tra migranti economici e potenziali richiedenti asilo. I Tribunali italiani sono pieni di ricorsi contro dinieghi su richieste di protezione internazionali, e la discrezionalità con la quale le Questure stanno gestendo il riconoscimento dei permessi di soggiorno per motivi umanitari non potrà che produrre altro contenzioso. Occorreva invece adottare un provvedimento legislativo che riconoscesse il diritto alla protezione umanitaria a tutti i profughi figgiti dalla Libia, paese nel quale continuano varie forme di persecuzione e di detenzione arbitraria ai danni dei migranti in transito.

In ogni caso,Il trattenimento dei richiedenti asilo nei centri di primo soccorso ed accoglienza, o nei centri di identificazione, successivamente alla formalizzazione della domanda di asilo e nelle more dell`esame amministrativo della stessa, si pone in evidente contrasto con la normativa vigente in materia di accoglienza dei richiedenti asilo, disciplinata dal D.Lgs 140/05 e dal recente D.Lgs 25/08. L`accoglienza dei richiedenti asilo, oltre alle ipotesi di invio presso la rete del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, di cui all`art. 1 sexies dell`art. 1 della L.39/90 come modificato dalla L. 189/02, può avvenire, nelle ipotesi tassativamente indicate dall`art. 20 comma 2 lettere a, b e c del D.Lgs 25/08, solamente presso i CARA (centri di accoglienza per richiedenti asilo), ovvero, nelle ipotesi disciplinate dall`art. 21 del citato D.Lgs 25/08 nei CIE (centri di identificazione ed espulsione). Non risulta pertanto possibile utilizzare i centri di primo soccorso ed accoglienza, come quello di Contrada Imbriacola a Lampedusa o i centri di identificazione, come quello di Milo a Trapani, come centri di accoglienza per richiedenti asilo poiché questi non presentano i requisiti previsti dalla legge e non risulta alcuna garanzia sul fatto che vengano assicurati, ai richiedenti asilo, anche in via emergenziale e temporanea, l`erogazione dei necessari servizi di supporto, consulenza ed orientamento, con particolare attenzione alle situazioni maggiormente vulnerabili.

Malgrado in diverse occasioni il Governo italiano abbia fornito rassicurazioni sull`intenzione di rispettare scrupolosamente il divieto di espulsione dei minori stranieri non accompagnati sancito dall`art. 19 comma 2 del D.Lgs 286/98, nonché di attuare le necessarie procedure finalizzate all`accertamento dell`età attraverso esami diagnostici non invasivi, continua a riscontrarsi la presenza di minori non accompagnati trattenuti in centri di accoglienza in promiscuità con gli adulti, senza l`immediato accesso a quelle misure di protezione che impone la legge. In presenza di minori non accompagnati si dovrebbe provvedere ad un loro immediato trasferimento da Lampedusa verso apposite strutture di accoglienza (comunità/centri SPRAR per minori), non solo in Sicilia ma sull`intero territorio nazionale. La permanenza dei minori a Lampedusa dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario per il trasferimento presso tali strutture, e non protrarsi per settimane come si è verificato dallo scorso anno fino ai giorni scorsi..

Si richiama quanto disposto dall`art. 19 del D.lgs 25/08 che stabilisce delle garanzie in ordine alla condizione dei minori stranieri non accompagnati che presentino domande di asilo. Al secondo comma lo stesso articolo dispone che «se gli accertamenti non consentono l`esatta determinazione dell`età si applicano le disposizioni del presente articolo», ovvero il soggetto va considerato minore. Tale fondamentale principio, anche se previsto nella normativa relativa alle procedure in materia di domande di asilo non può non risultare applicabile alla più generale situazione nella quale si debba accertare l`età di un minore straniero non accompagnato, come indicato anche dalla circolare del Ministero dell`Interno, Prot. 17272/7 del 9 luglio 2007 in merito all`identificazione dei migranti minorenni non accompagnati.