Martedì è stata diffusa la notizia ufficiale della trasformazione del CPSA di Pozzallo in hotspot, il terzo in Sicilia. All’interno la polizia italiana sarà supportata da funzionari di Frontex, dell’EASO e dell’EUROPOL, mentre la gestione dei servizi rimane ad oggi ancora affidata alla cooperativa Azione Sociale, nell’attesa che il bando di affidamento aperto da mesi conferisca l’appalto triennale ad un soggetto vincitore. Gli hotspot sono il risultato di decisioni politiche europee prese nell’ambito degli accordi di ricollocazione, e si presentano come dispositivi finalizzati alla differenziazione tra migranti economici e richiedenti asilo.
Prassi che ha allarmato le associazioni di tutela che hanno denunciato in questi ultimi mesi le distinzioni arbitrarie effettuate dalla polizia tra aventi diritto alla protezione e non, basate esclusivamente sulla nazionalità e culminate in centinaia di respingimenti collettivi, al di fuori di ogni garanzia di diritto. La forte preoccupazione espressa da diverse organizzazioni non governative sulle prassi discriminatorie adottate ultimamente in diversi punti di arrivo siciliani, compreso il CPSA di Pozzallo, ha portato il Ministero dell’Interno in data 8 gennaio ad adottare una circolare rivolta a Prefetti e Capi della Polizia sulle "Garanzie e modalità nell'accesso alla procedura di asilo". Nella circolare si ribadisce il diritto soggettivo alla richiesta di protezione e le garanzie di informazione, tutela legale ed interpretariato che spettano ad ogni richiedente. Se in base alla nuova circolare “non poter presentare una domanda di protezione internazionale costituisce una chiara violazione di legge”, non si spiega come anche pochi giorni fa, per la precisione il 14 e 15 gennaio, in provincia di Agrigento decine di migranti siano stati raggiunti da provvedimenti di respingimento differito senza aver avuto la minima garanzia di tutela e la consapevolezza di ciò che stava loro succedendo.
Nel pomeriggio di ieri è avvenuto a Pozzallo il primo sbarco del 2016, con 280 migranti portati in banchina dalla nave militare Spica. Molti i profughi di nazionalità pakistana, marocchina e tunisina, tra cui alcune donne, attesi da un elevato numero di forze dell’ordine e funzionari di Frontex, EASO ed EUROPOL. Le prime operazioni di assistenza sono state svolte dalla Croce Rossa e dalla Protezione Civile, mentre lo screening sanitario affidato ai medici dell’ASP. Presenti anche diversi rappresentanti di UNHCR, OIM, Save The Children, Terres des Hommes, che hanno seguito le operazioni di sbarco per poi proseguire il loro lavoro nel nuovo hotspot, dove ci auguriamo che operino secondo il loro mandato. Sappiamo infatti che ad Augusta, ad esempio, in sede di sbarco all’OIM è consentito svolgere la propria attività di informazione solo dopo le operazioni di preidentificazione, quando i migranti sono già stati sottoposti al vaglio del cosiddetto foglio notizie, da cui spesso prendono corpo le centinaia di respingimenti differiti. Ciò conferma le dichiarazioni di chi si trova sulla strada e fatica a capire perché viene allontanato dallo Stato Italiano.
Le operazioni di discesa sono state decisamente lente; la raccolta di informazioni da parte delle forze dell’ordine e dei funzionari delle agenzie presenti è iniziata non appena l’imbarcazione ha raggiunto il porto per poi proseguire durante le minuziose procedure di perquisizione, manuale e con metal detector, a cui ogni migrante è stato sottoposto prima di poter salire sul bus diretto al centro. Modalità di controllo giustificate con la tutela della sicurezza comune ma eseguite con il piglio di chi si pensa già davanti ad un presunto criminale, non di certo alla presenza di cittadini con pari dignità e diritti, che sappiamo scappare per lo più da situazioni di conflitti attraverso un terribile viaggio. Ma si sa che spesso non sono i fatti concreti ma gli stereotipi e i pregiudizi che governano il pensare comune. Così succede anche per ogni persona che arriva dal mare, e si ritrova con un lungo lavoro da fare per difendere e ribadire la sua dignità.
I migranti approdati ieri sono stati tutti trasferiti temporaneamente nel nuovo hotspot, dove non sappiamo che piega prenderà il loro futuro. La speranza è che la tutela dei diritti e della libertà di ognuno non rimanga un fatto eccezionale ma la prassi quotidiana, come le nostre stesse leggi dovrebbero garantire.
Durante la giornata arriva anche la notizia di altre 968 persone, tra cui un cadavere, recuperati in mare.
Lucia Borghi
Borderline Sicilia Onlus