Il 4 settembre, alle 18:00, è arrivata a Messina l'imbarcazione della Guardia Costiera con a bordo 835 migranti per lo sbarco che pare essere il più numeroso che la città abbia mai visto. Sembra che la maggior parte verrà trasferita nelle regioni del nord, numerosi infatti sono gli autobus parcheggiati che questa sera partiranno per raggiungere Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna.
Ad attendere queste persone in fuga dal loro paese ci sono numerose associazioni: la Croce Rossa , Save the Children, UNHCR, la Confederazione Nazionale delle Misericordie d'Italia, l'Ordine di Malta, l'Azienda Sanitaria Provinciale e il Ministero della Salute. Le presenze istituzionali che, però, si notano maggiormente sono i diversi corpi di polizia coinvolti: Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Scientifica.
Sono tantissimi, osservano da ogni angolo del porto, sono i primi che i migranti vedono affacciandosi dalla nave appena attraccata e i primi che salgono a bordo, insieme a qualche medico del Ministero della Salute. La prima cosa da fare infatti è individuare le persone che necessitano di cure mediche urgenti e gli scafisti.
Alle 18:30 i medici portano giù il passeggero “numero uno”: un ragazzo minorenne, che riesce a sorreggere appena il peso della sua testa mentre è scosso da forti colpi di tosse. Non appena la carrozzina che lo trasporta tocca terra, il ragazzo viene immediatamente circondato dagli addetti alla prima identificazione per l'assegnazione del numero personale, la foto e le prime domande personali, sulla famiglia e su eventuali parenti in Europa. Finalmente viene caricato nell'ambulanza che mezz'ora dopo lo porterà in ospedale a sirene spiegate: le prime voci parlano di polmonite.
Il “numero due” è un signore cieco, sembra essere solo perché nessuno scende con lui all'infuori dei medici che lo accompagnano. Il “numero tre” è una donna con un ascesso e il “numero quattro” un ragazzo che fa fatica a camminare. Finalmente è il turno dei presunti scafisti, orgoglio dei governi e del nostro sistema di accoglienza che, anche se non riesce ad offrire degna assistenza a tutti coloro i quali sono costretti a lasciare la loro terra e i loro affetti, pare riesca ad individuare ad ogni sbarco i responsabili del traffico della traversata. Due i ragazzi che vengono scortati a terra dalla polizia e che vengono fatti sfilare di fronte a tutti i presenti perché possa essere accuratamente documentato questo momento di gloria che, per ogni sbarco, permette di portare a casa un risultato. Poco importa quanti sono quelli che successivamente vengono effettivamente considerati colpevoli e quanti, invece, vengano rilasciati per mancanza di prove o per testimonianze non sufficientemente attendibili. L'importante è avere qualcosa da mostrare per dare la sensazione che si siano messe in campo delle azioni volte ad affrontare questo fenomeno. Poco importa poi dei risultati, tanto interessano a pochi.
Tutto a un tratto si sente un il pianto di un bambino, forse stremato dall'attesa, e finalmente cominciano a scendere i primi passeggeri, famiglie siriane, alcune con bambini, altre con anziani. Si distinguono per i bagagli che portano, quasi tutti hanno una borsa o uno zaino. Poi è il turno degli africani.
Una ragazza appena scesa sorride, una bambina guarda spaesata quello che le succede attorno, mentre un altro bambino, che non avrà più di qualche mese, dorme sereno tra le braccia di una donna.
Chissà se questo sarà solo l'inizio di un altro viaggio, chissà quanto ancora sarà lungo e quanto ancora sarà difficile, e chissà cosa ricorderanno di questo giorno, il giorno in cui hanno finalmente toccato la terra in cui hanno riposto tutte le loro speranze: l'Europa.
Ad attendere queste persone in fuga dal loro paese ci sono numerose associazioni: la Croce Rossa , Save the Children, UNHCR, la Confederazione Nazionale delle Misericordie d'Italia, l'Ordine di Malta, l'Azienda Sanitaria Provinciale e il Ministero della Salute. Le presenze istituzionali che, però, si notano maggiormente sono i diversi corpi di polizia coinvolti: Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Scientifica.
Sono tantissimi, osservano da ogni angolo del porto, sono i primi che i migranti vedono affacciandosi dalla nave appena attraccata e i primi che salgono a bordo, insieme a qualche medico del Ministero della Salute. La prima cosa da fare infatti è individuare le persone che necessitano di cure mediche urgenti e gli scafisti.
Alle 18:30 i medici portano giù il passeggero “numero uno”: un ragazzo minorenne, che riesce a sorreggere appena il peso della sua testa mentre è scosso da forti colpi di tosse. Non appena la carrozzina che lo trasporta tocca terra, il ragazzo viene immediatamente circondato dagli addetti alla prima identificazione per l'assegnazione del numero personale, la foto e le prime domande personali, sulla famiglia e su eventuali parenti in Europa. Finalmente viene caricato nell'ambulanza che mezz'ora dopo lo porterà in ospedale a sirene spiegate: le prime voci parlano di polmonite.
Il “numero due” è un signore cieco, sembra essere solo perché nessuno scende con lui all'infuori dei medici che lo accompagnano. Il “numero tre” è una donna con un ascesso e il “numero quattro” un ragazzo che fa fatica a camminare. Finalmente è il turno dei presunti scafisti, orgoglio dei governi e del nostro sistema di accoglienza che, anche se non riesce ad offrire degna assistenza a tutti coloro i quali sono costretti a lasciare la loro terra e i loro affetti, pare riesca ad individuare ad ogni sbarco i responsabili del traffico della traversata. Due i ragazzi che vengono scortati a terra dalla polizia e che vengono fatti sfilare di fronte a tutti i presenti perché possa essere accuratamente documentato questo momento di gloria che, per ogni sbarco, permette di portare a casa un risultato. Poco importa quanti sono quelli che successivamente vengono effettivamente considerati colpevoli e quanti, invece, vengano rilasciati per mancanza di prove o per testimonianze non sufficientemente attendibili. L'importante è avere qualcosa da mostrare per dare la sensazione che si siano messe in campo delle azioni volte ad affrontare questo fenomeno. Poco importa poi dei risultati, tanto interessano a pochi.
Tutto a un tratto si sente un il pianto di un bambino, forse stremato dall'attesa, e finalmente cominciano a scendere i primi passeggeri, famiglie siriane, alcune con bambini, altre con anziani. Si distinguono per i bagagli che portano, quasi tutti hanno una borsa o uno zaino. Poi è il turno degli africani.
Una ragazza appena scesa sorride, una bambina guarda spaesata quello che le succede attorno, mentre un altro bambino, che non avrà più di qualche mese, dorme sereno tra le braccia di una donna.
Chissà se questo sarà solo l'inizio di un altro viaggio, chissà quanto ancora sarà lungo e quanto ancora sarà difficile, e chissà cosa ricorderanno di questo giorno, il giorno in cui hanno finalmente toccato la terra in cui hanno riposto tutte le loro speranze: l'Europa.
Giulia Freddi
Borderline Sicilia Onlus