giovedì 25 giugno 2015

Un pomeriggio alla villa Cordova di Caltanissetta: il racconto del centro “Madre Speranza”

Sabato scorso alla villa Cordova, abbiamo avuto modo di parlare con un gruppo di ospiti che vivono nel centro Madre Speranza, del quale avevamo avuto modo di scrivere l’anno scorso, in merito ad una protesta inscenata fuori dallaprefettura dagli ospiti per denunciare le gravi condizioni in cui vivevano.
Il Centro Madre Speranza, che funziona come centro di accoglienza dal novembre 2013, è gestito dall’associazione religiosa Filippo Neri  e ospita attualmente 130 ospiti, ben 40 ospiti in più rispetto all’anno scorso, quando avevamo già rilevato una situazione di sovraffollamento.

Situazione che non sembra risolta ( nonostante siano stati presi in affitto alcuni appartamenti), perché anche se gli ospiti riferiscono che le stanze in cui dormono (fino a 10 persone) sono ampie, tengono a sottolineare le difficoltà di condividere 5 bagni e 3 docce in 60 persone.
I servizi igienici del centro vengono descritti dagli ospiti come “too much disgustive” (troppo disgustosi), sempre sporchi, maleodoranti e con problemi di scarico.
Molte lamentele permangono anche rispetto al servizio mensa: la qualità degli alimenti è scarsa, persino il pane, spesso, non è fresco e non viene servita carne “hallal”. Per questo motivo, gli ospiti hanno di recente concordato con la gestione di avere un menu basato soprattutto su pietanze a base di verdura.
Non viene più tenuto il corso di italiano da circa 4 mesi, da quando cioè è scaduto il contratto con l’insegnante di italiano.
Non è mai stato loro fornito alcun capo di abbigliamento. Quando chiediamo ai migranti come si siano procurati gli indumenti che indossano, ci rispondono tutti di aver provveduto a comprarli usati con i soldi del pocket money al mercatino cittadino del sabato. Si sorprendono quando li informiamo che l’ente gestore è tenuto a fornire loro del vestiario di base al loro arrivo e un cambio per ogni stagione.
Pare, tuttavia, esserci un margine di miglioramento rispetto ad altri servizi che l’anno scorso erano carenti. Dallo scorso settembre il centro dispone di un’assistente sociale, una psicologa e un avvocato. I mediatori culturali sono attualmente soltanto in 3. E continuano a permanere criticità legate ad alcuni di questi servizi.
Dopo la protesta dello scorso luglio agli ospiti viene erogato il pocket money, in contanti, ogni 50 giorni.  Per circa due mesi è stata corrisposta solo la metà della somma, ma poi è stato riconosciuto agli ospiti la differenza.
Al momento dell’arrivo gli ospiti hanno un colloquio con l’assistente sociale e con la psicologa , mentre incontrano l’avvocato solo in vista della convocazione in commissione. Fino a quel momento non viene loro fornita alcuna informativa legale.
Ci raccontano che a chi ha chiesto un sostegno psicologico agli operatori del centro, gli è stato risposto che non sarebbe servito a niente parlare con la psicologa perché poi quest’ultima avrebbe dovuto riferire tutto a loro!
Il centro dispone anche di un’infermiera, la quale è autorizzata alla somministrazione dei farmaci generici. Sembra che per fornisca lo stesso antidolorifico qualunque tipo di disturbo, che si tratti di un’emicrania o di un’indigestione!
Infine, gli ospiti segnalano di non potere accedere alle visite specialistiche. Chi soffre di una patologia che andrebbe indagata o di  disturbi, come il mal di denti, che andrebbero curati, attende per mesi di prima di sapere se e quando è stato preso un appuntamento; e quando i ragazzi chiedono aggiornamenti gli viene sempre risposto “dopo”. Sono tutti iscritti al Servizio Sanitario Nazionale, ma questo pare non bastare per avere accesso alle cure necessarie.

Giovanna Vaccaro
Borderline Sicilia Onlus