martedì 5 maggio 2015

I morti che non fanno notizia

Da tempo abbiamo la percezione che i morti non ci facciano più alcuna impressione, non ci indignano più, almeno che non siano tanti!
Di fronte a 700 morti in un sol colpo allora ci svegliamo, facciamo passerelle per poi tornare alle nostre vite, incuranti del fatto che siamo complici della distruzione di intere famiglie.

Come quella di Rahel, ragazzina eritrea di 16 anni, che ha lottato con forza per restare aggrappata a questa vita crudele, che ha vissuto per così troppo poco tempo, per lasciarsi andare due giorni fa. Rahel è un'altra vittima di questo sistema di morte messo in piedi dall'Europa e dalla casta di governo che continua a umiliare i migranti che giungono in Italia.
Rahel è arrivata in Italia con ustioni su tutto il corpo, e nonostante la sua forza di vivere, nonostante il coraggio di affrontare il mare, i trafficanti e le politiche italiane ed europee, ci ha lasciati nel silenzio assoluto di tutto e tutti.
Rahel è morta sola, senza il papà o la mamma che una ragazzina di 16 anni vorrebbe accanto nei momenti di maggior bisogno.
La vita per Rahel non è stata felice, perché prima abbiamo fatto razzia della sua preziosa e ricca terra affidandola a dittatori sanguinari al soldo delle multinazionali per poi destabilizzare un'intera regione per i nostri bisogni di greggio e minerali, ed infine dandola in affidamento ai trafficanti che l’hanno picchiata selvaggiamente e violentata.

La stessa sorte capita a tantissimi che cercano nuove vie di fuga da una terra che noi abbiamo distrutto e come detto consegnato alle multinazionali che dispongono a loro piacimento delle risorse anche umane, considerate soltanto un ostacolo da eliminare.
Come a Solomon, un ragazzo etiope, morto mentre cercava un futuro migliore per le strade siciliane dove si aggirava nonostante le sue condizioni di salute deficitarie.
Come a Patrick, che da tre anni lotta con la burocrazia italiana e la sua salute precaria.
Come a Ibra che abbiamo lasciato solo in un letto di ospedale senza che nessuno riesca o voglia spiegargli il suo stato di salute, tanto all'ente gestore conviene così, anzi risparmia sui costi, e se Ibra dovesse morire, chi se ne frega tanto “un'altro ragazzo da inserire in struttura si trova”, per altre 35 euro assicurate al giorno.
Come Salam che resterà paralizzata, perché ne ha prese talmente tante in Libia che gli hanno spezzato la spina dorsale.
Come Moussa che si è impiccato perché dublinato, rispedito indietro dalla Norvegia e dalla Germania e non aveva più la forza di dormire sotto un porticato di qualche città italiana, perché questo è il destino beffardo che molti casi dublino subiscono, in quanto per loro non c'è più posto nei centri di non accoglienza!


Potremmo continuare all’infinito questa lista che purtroppo viene aggiornata quotidianamente perché i casi di incuria, di sfruttamento, di oppressione e violenza sui migranti non si arrestano, proprio come gli arrivi.
Soltanto nelle ultime ore stanno arrivando in Italia più di 7 mila migranti che sfuggono dalle atrocità della Libia, alle violenze, ai pestaggi, agli abusi, per morire in mare. Almeno 40 sono i morti accertati ma, come sappiamo, sono molti di più perché tanti sono dispersi in mare. Gli arrivi contano 870 persone a Pozzallo, 675 ad Augusta, 400 a Messina, 320 a Trapani e 1700 a Lampedusa. (nelle prossime ore sono previsti altri arrivi a Palermo circa 500 migranti)

Per questi morti, e per quelli che moriranno dentro i centri, nelle nostre città, abbandonati, quasi invisibili ai nostri occhi, non ci sarà nessuna commemorazione, nessuna preghiera ecumenica, nessuna manifestazione, perché non fanno clamore, non fanno notizia.

La vita dei migranti vale se abbiamo la possibilità di trarne profitto, altrimenti non ha alcun valore e li accantoniamo, li ghettizziamo, proprio come fanno le forze dell'ordine quando li trasferiscono da Lampedusa con il traghetto per Porto Empedocle.

Ragazzi stipati un uno spazio ben delimitato, guardato a vista, con cui non potere interagire. Perché? Certamente pericolosi, dice Salvini, sicuramente sarebbe stato meglio bombardare le barchette di cartone prima della partenza, in modo da non farli arrivare neanche a Lampedusa e lasciarli morire in Africa, così le nostre notti saranno più tranquille, lasciando fare il lavoro sporco ora all'ISSIS e domani al gruppo armato di turno da finanziare per non sporcarci le mani.

Siamo talmente bravi ad appropriarci delle cose altrui, siamo così buoni e ci teniamo tanto a questi migranti, che adesso diamo anche i nomi ai bambini che nascono in mare. Come nell'ultimo caso, quello di Francesca Marina, sicuramente il nome più appropriato per una bambina africana, il nome che la mamma avrebbe pensato per lei!
Adesso sui giornali e in tv si parlerà di Francesca Marina, dell'ennesima grande ipocrisia del nostro mondo “civile”, perché questo fa più audience della morte silenziosa di Rahel, un'altra morta che non fa notizia.

Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus