martedì 23 settembre 2014

La consapevolezza dei propri diritti e la maturità di azione: la denuncia delle condizioni di accoglienza dei minori a Palermo

Lo scorso 17 settembre un gruppo di circa 16 minori, ospiti del centro Kaleidos di Palermo ha consegnato una lettera di protesta presso un comando di Polizia con l’intento di manifestare il loro scontento sulla “accoglienza” finora ricevuta:

"We are here today to show our unhappiness in our emergency camp. We arrived in Palermo on the 19th of June 2014. We are 42 in number staying in a apartement of 7 rooms and 3 toilets. 
After reading the laws of Italy and right resident conditions for the foreign minors who entered in Italy illegally, we understood that the first priority is Education.
As part of the resident conditions it says that all foreign children, also without valid resident permit, are entitled to attend any kind of school level. (We are not happy because we are not going to school).
The minors also have right to health care. We are not happy because we don't have proper health care at our emergency camp and also we don't eat good food neither drink good water.
And finally; the Italian laws says that all unaccompanied minors are entitled to granted residential permits as minors under the age of 18years. (We are not happy because, our guardian says that she cannot provide us any document in our camp, while other minors are having their documents).
We are here today to let you know about our situation in our camp, we want you to transfer us from that house, beis happy in that house. She use to threaten us anytime we complained about food, health, our documents, living conditions and pocket money.
(The last time she opened the door and ask us to leave the house).
Thank you"

Abbiamo incontrato i ragazzi che ci hanno raccontato che la maggior parte di loro sono arrivati a Palermo 2/3 mesi fa, ma vi è chi è in Italia da ben 6 mesi. Nessuno di loro ha un permesso di soggiorno, né una richiesta di asilo formalizzata.
I ragazzi non hanno mai avuto accesso ad una qualsiasi forma di istruzione, eccezion fatta per un paio d’ore di lezione di italiano effettuate presso lo stesso centro la scorsa settimana, circostanza (l’unica) confermata da un operatore della struttura.
Stufi di passare le loro giornate tra il condominio in cui vivono e il lungo mare, hanno perso la pazienza anche rispetto alle precarie condizioni di vita. Mi spiegano che al principio erano disposti ad accontentarsi: accettavano di vivere in stanze con 6 o 11 letti, di dover condividere 3 bagni in 42, di mangiare a cena del cibo portato alla mattina insieme al pranzo, di dover comprare l’acqua minerale con i soldi del pocket money.
Ormai è settembre, la scuola è ricominciata per tutti tranne che per loro. Si sono informati in merito alle leggi italiane inerenti ai minori e hanno capito che l’istruzione è un loro diritto. Hanno perciò deciso di indirizzare le loro rivendicazioni alla polizia. Di fronte a tale dimostrazione di scontento la polizia ha invitato i ragazzi a presentarsi l’indomani all’Ufficio Immigrazione per ricevere risposta. Lo scorso 18 settembre è stato loro spiegato che non ci sono fondi adeguati, che ci sono troppe persone che arrivano in Sicilia, che bisogna aspettare che Roma accolga la richiesta di finanziamento o trasferimento che, a detta anche della responsabile del centro (che abbiamo raggiunto al telefono) sarebbe stata inviata da tempo. In sostanza, ci conferma la responsabile, o il ministero dà l’ok economico per attivare una convenzione con la struttura o deve provvedere al loro trasferimento presso centri ufficiali dedicati alla minore età.

Ma al di là delle giustificazioni e delle speranze relative al futuro, restano i fatti.
Poco importa se i fondi sono carenti e se le richieste sono troppo numerose, non è accettabile che dei minori non accompagnati siano in Italia da mesi e siano ancora tutti senza un tutore. Il problema sarebbe di da attribuire al numero eccessivo di richieste di tutele agli uffici del comune di Palermo. I ragazzini sono così lasciati in un limbo di cui non vedono fine. Uno dei ragazzi è in Italia da sei mesi durante i quali è già stato trasferito 4 volte: da Agrigento a Pozzallo, da Pozzallo a Messina, da Messina a Isnello, da Isnello a Palermo.

Il centro Kaleidos, gestito dall’associazione No Colors non ha dunque alcuna convenzione con al prefettura. L’associazione, nota nel palermitano come gestore di alcuni progetti di integrazione delle seconde generazioni, ha ricevuto, sulla fiducia, in affidamento una quarantina di ragazzini. Purtroppo l’associazione No Colors sta dimostrando di non essere in grado di raccogliere la nuova sfida.

Le criticità riscontrate al Kaleidos ricordano fin troppo bene la prassi della maggior parte degli enti gestori che si situano nell’orbita del consorzio Sol.Co. Orbita in cui, per l’appunto, No Colors gravita, ma le responsabilità a monte sarebbero della prefettura e del comune che permettono l’affidamento di fatto di minori ad un ente privo di convenzione, in assenza di fondi che permettano all’ente gestore l’erogazione dei servizi e la loro continuità nel tempo.

Come riferiscono i ragazzi, il pocket money, che ammontava a 15 euro ogni 10 giorni, ormai non arriva più da oltre due settimane. Inoltre, il benessere nonché la salute, sia fisica che psicologica, dei minori sembra preoccupare ben poco gli operatori del centro. Un ragazzino ci racconta di accusare male ai denti da due mesi e che non é mai stato portato da un dottore. Altri tre raccontano di una volta in cui avevano bisogno di essere visitati e per questo sono stati accompagnati in pronto soccorso e lasciati da soli ad aspettare; dopo 5 ore un operatore è andato a riprenderli sebbene nessuno fosse stato ancora visto da un medico. Dato che i tre hanno osato lamentarsi di non essere stati visitati, l’operatore avrebbe risposto loro che, se i medici italiani non sono di loro gradimento, se ne possono tornare in Africa.
Il poco interesse per la salute fisica dei minorenni del centro sarebbe avvalorato dal fatto che questi, quando sono stati ricoverati per 3 settimane o un mese, hanno ricevono la visita in ospedale solo da parte dei loro coetanei.

Non meno importante dovrebbe essere il supporto psicologico, che tuttavia risulta assente. I ragazzini ci dicono che possono parlare solo tra di loro delle inquietudini inerenti al loro passato. Chiediamo nuovamente se non abbiano raccontato a nessun Italiano la loro storia: una volta hanno avuto occasione di parlare con un’Italiana (probabilmente l’assistente sociale), ma, dopo la chiacchierata, la signora ne avrebbe tratto delle conclusioni circa l’opportunità o meno di richiedere protezione internazionale, aggiungendo che per alcuni di loro sarebbe stato sufficiente ed opportuno dichiarare di avere problemi familiari.

La già difficile situazione è aggravata dalle tensioni che emergono nel quotidiano. Per esempio, quando alcuni ragazzi hanno lamentato le condizioni scadenti, un’operatrice avrebbe aperto la porta dicendo di abbandonare pure la struttura, che a lei non interessava. Un altro problema è relativo alle pulizie, non essendo tra gli ospiti  ben chiara la loro responsabilità in ordine all’igiene ambientale. Si dia il caso che la sporcizia e la mancanza di rispetto per la “casa” sia motivo di continui rimproveri.

Quel che è certo è che le modalità con le quali questi giovani migranti stanno affrontando ( e denunciando) le difficili condizioni di accoglienza in Italia dimostra un senso di responsabilità certamente maggiore rispetto a quello manifestato dalle istituzioni e dell’ente gestore.

Carlotta Giordano

Borderline Sicilia Onlus