E in Italia si può morire due volte…..
Si muore in mare, ma in questo periodo si muore anche dentro le palestre, dentro i centri o fuori una tenda. Sì, muore anche la speranza nel trapanese, dopo due mesi rinchiusi dentro una palestra senza nessun contatto con l’esterno e senza possibilità di richiedere asilo.
Non è civile un paese che tratta le persone in questo modo, ma in questo sistema le persone non contano, sono soltanto numeri!
Oggi, ancora più di ieri, appare chiaro che non c’è un briciolo di attenzione verso il fenomeno migratorio e soprattutto non c’è rispetto verso i morti.
Prima, il trattamento indecoroso riservato ai parenti delle vittime della strage di Lampedusa lasciati alla mercè degli eventi, non ascoltati dalle autorità competenti, accolti soltanto dai Lampedusani che hanno, come sempre, messo a disposizione case e cibo. Poi, LA VERGOGNA DI STATO, che ha fatto di tutto per nascondere alla gente tempi e modalità di tumulazione delle bare, con il risultato che nella maggior parte delle sepolture si sono svolte nel completo silenzio e senza degne cerimonie funebri.
E senza rispetto per chi ha sofferto l’immane tragedia, si è proceduto a spostare i superstiti in giro per la Sicilia: da Trapani a Messina, passando per Caltanissetta e Porto Empedocle. Nella maggior parte dei casi in situazioni di emergenza, in condizioni non adeguate.
A Messina, per esempio, sono arrivati - dopo un peregrinare da Pozzallo a Catania - 52 Eritrei ospitati presso il Pala Nebiolo, una struttura sportiva messa a disposizione dall’Ateneo messinese. “Accolti” in una situazione paradossale, in cui per tre giorni i migranti sono stati rinchiusi letteralmente dentro la struttura e soltanto dopo le proteste vibranti da parte di attivisti si è riusciti ad avere dei permessi per consentire ai migranti di uscire per “l’ora d’aria”. In questo caso anche la prefettura di Messina si adegua alle prassi di altre prefetture siciliane, trasformando delle palestre in CIE.
Sì. Senza ombra di dubbio, l’Italia sta uccidendo le persone che cercano di vivere una vita migliore attraverso l’umiliazione, la violenza, usando tutte le forme di oppressione per fiaccare la resistenza dei migranti. Ciò accade tutte le volte in cui i migranti si rifiutano di dare le impronte digitali perché, come sanno bene, il nostro paese non è in grado di dare degna accoglienza ad un rifugiato. Il loro progetto migratori, pertanto, prevede un passaggio veloce dall’Italia, ma - come ci raccontano alcuni migranti - per molti significa essere colpiti dai manganelli, ricattati, obbligati con la forza o persino con l’uso di pistole elettriche.
L’illegittima prolungata privazione della libertà è la forma più comune, usata dalle nostre autorità, per uccidere la speranza.
Attualmente, nel trapanese la situazione è davvero complicata. Esiste un CARA, allo stremo, con più di 400 ospiti (260 sarebbe la capienza ordinaria), con tutti gli spazi comuni utilizzati tappezzati con materassi per alloggi di fortuna, dove uomini, donne, bambini ed intere famiglie convivono nella promiscuità. C’è da dire che per l’ente gestore non c’è la possibilità di fare diversamente dato che è la stessa prefettura ad inviare migranti. Anche gli operatori del CARA vivono giorni di tensione, perché i tafferugli fra gli ospiti sono all’ordine del giorno, a causa proprio del sovraffollamento.
In questa situazione la prefettura di Trapani ha pronta la risposta: RILANCIARE L’EMERGENZA IMMIGRAZIONE. “A causa del sovraffollamento dei centri governativi presenti sul territorio, la prefettura invita i responsabili di strutture pubbliche e del privato sociale, preferibilmente con esperienza nel settore, a manifestare, in forma singola o associata, l’eventuale disponibilità a svolgere il servizio di accoglienza di cittadini extracomunitari richiedenti la protezione internazionale fino al 31 dicembre 2013”.
Si ripete, dunque, ancora una volta, la situazione paradossale, vissuta con enormi fallimenti, dell’esperienza del 2011 (la cd. Emergenza Nordafrica). Ancora una volta per la mancanza di progettazione si sperpereranno milioni di euro. Per ciascun migrante è previsto un corrispettivo giornaliero di 30 euro.
L’emergenza, riaperta stavolta sottovoce, ha fatto riattivare il Serraino Vulpitta: si registra la presenza di migranti nella struttura adiacente il famigerato CIE chiuso da tempo, per numerosi problemi.
Altre strutture poi sono nate, o per meglio dire risuscitate, a Bonagia (con 80 migranti), Marsala (con 60 migranti trasferiti nella casa di cura “Giovanni XXIII” posta in liquidazione da tempo), Partanna (con 30 migranti). Inoltre ci sono le palestre ormai famose del lungomare Dante Aligheri e quella comunale a Trapani.
Se ancora qualcuno non crede alla moltiplicazione del pane e dei pesci, non può comunque negare l’esistenza del miracolo della moltiplicazione dei centri di accoglienza emergenziali, con conseguenze disastrose per i nostri fratelli e sorelle.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus