attività; le condizioni meteo non consentono il proseguo delle operazioni. Le altre salme già rinvenute (111) sono riposte una accanto all’alta in un hangar dell’aeroporto. Il resto dei corpi è ancora dentro la stiva dell’imbarcazione andata a picco. Pare vi siano ancora molte donne che mancano all’appello. Invitate a sistemarsi nella stiva, sono rimaste in trappola proprio in quello che doveva essere il posto più sicuro durante la traversata.
I sopravvissuti alla strage dello scorso 3 ottobre sarebbero 155, tutti eritrei. Quanto alle dinamiche dell’evento, i superstiti parlano dello scoppio di un incendio (di cui non si conosce con chiarezza l’origine) nella barca che ha portato ad uno sbilanciamento della stessa, probabilmente per l’agitazione e il panico collettivi, e al suo capovolgimento, riversando in mare una gran quantità di carburante ingerito da molti superstiti mentre cercavano di trarsi in salvo nuotando.
L’isola è invasa da giornalisti ed autorità istituzionali. Al CSPA sono oltre mille le presenze, ma in queste ore proseguono i trasferimenti. Circa un centinaio sono stati imbarcati ieri mattina e condotti da Porto Empedocle presso il CSPA di Pozzallo, mentre altre cento persone sono state trasferite in aereo oggi.
Intanto la comunità parrocchiale, ma potremmo dire tutti i Lampedusani, insieme a molti turisti, si è raccolta in lutto. Ieri pomeriggio nella chiesa gremita di gente e di telecamere, il parroco Don Stefano ha usato parole dure. Durante l’omelia
ha ricordato i tanti appelli lanciati negli anni, perché questa è la più grave ma non la prima tragedia di migranti, appelli rimasti tuttavia inascoltati. Don Stefano ha sottolineato l’ipocrisia di quella che definisce “la cattedrale mediatica” che si crea ogni volta attorno a eventi del genere ma a cui non corrispondono mai azioni concrete. Ha invitato inoltre tutti ad ascoltare il silenzio di queste vittime, perché ascoltando si possa poi dar voce alle loro sofferenze dinnanzi ai nostri governanti. Ha ricordato infine, parlando dei Lampedusani, che essere “isolani” non deve significare essere “isolati”, perché non si può essere lasciati soli di fronti a un fenomeno di questa portata. All’uscita della messa, nel piazzale antistante, un folla di gente è rimanasta fuori ma partecipe. A conclusione dell’omelia il sacerdote ha ricordato il messaggio di solidarietà e conforto inviato dalla comunità islamica di Catania e dal suo presidente.
Finita la messa si è svolta una fiaccolata; un fiume di persone ha percorso via Roma in silenzio. Presenti tra la gente anche alcuni migranti. In via Roma, all’altezza di piazza Libertà, su alcuni lenzuoli appesi è comparso scritto: “un’isola piena di dolore che porta il peso dell’indifferenza del mondo”.
La Redazione di Borderline Sicilia Onlus