sabato 5 ottobre 2013

Il crimine di Alfano. In un mese 89 profughi egiziani rispediti all’inferno

da Micromega
Dal 10 agosto al 10 settembre il Ministero dell’Interno ha rimpatriato circa 89 migranti egiziani giunti sulle coste calabresi e siciliane. Spesso identificati sommariamente dall’accento, sono stati portati nel loro paese anche durante i giorni più cruenti della guerra civile, quando i morti si contavano a centinaia. Le associazioni umanitarie denunciano che sono stati espulsi nel giro di 24 ore. Il motivo? Si continua ad applicare un accordo del 2007 firmato col dittatore Mubarak
di Antonello Mangano
CATANIA – In 30 giorni il governo italiano ha riportato in Egitto almeno 89 profughi arrivati sulle coste di Sicilia e Calabria. Spesso mettendo a rischio la loro incolumità. Alcuni di loro sono stati rimpatriati nei giorni più caldi dello stato di emergenza, quando i morti nelle strade del paese nordafricano si contavano a centinaia.
La prima volta è accaduto lo scorso 11 agosto, in Calabria. Un barcone si ribaltava a pochi metri dalla riva della spiaggia di Monasterace, sulla costa jonica reggina. Qualcuno rimane ferito. A bordo ottanta migranti, tra loro alcuni minori, partiti da Alessandria. Quarantacinque egiziani vengono separati dai siriani e portati al vicino aeroporto di Lamezia Terme. Li aspetta su un volo per l’Egitto. La permanenza calabrese dura solo 24 ore.
Lunedì 19 agosto un barcone con 100 persone a bordo è avvistato al largo di Aci Castello e scortato dentro il porto di Catania. Anche in questo caso egiziani e siriani, tra cui 17 donne e 11 bambini. «Abbiamo navigato per sette giorni», dice uno dei migranti appena arrivato sul molo. «Alcuni di noi scappano perché hanno perso i familiari dopo la caduta di Morsi». Il giorno dopo, dieci di loro erano su un volo che li riportava in patria. La denuncia è del CIR (Consiglio Italiano per i Rifugiati). «Tecnicamente è un respingimento differito». Eseguito sulla base della nazionalità, senza valutare caso per caso.
«Come associazione di tutela non abbiamo avuto la possibilità di accesso, abbiamo fatto richiesta ufficiale da Roma alla Prefettura di Catania», dice l’avvocato Angela Lupo, consulente legale della sede locale del CIR. «Allo sbarco nessuno ha potuto fornire l’informativa». Quindi gli egiziani non hanno fatto richiesta di asilo? «Io non li ho visti, non so cosa sia successo a queste persone». Anche le organizzazioni internazionali non hanno potuto incontrare i migranti, nonostante la convenzione col Ministero. Lo conferma Simona Moscarelli dell’OIM: «In questo caso non abbiamo potuto, mentre in generale avviene e spesso non c’è la richiesta d’asilo».
«So che c’era un aereo della Egypt Air in partenza per il Cairo alle 17», prosegue Lupo. «Probabilmente saranno ripartiti con quello. La notizia l’ho avuta dalla Prefettura». «Deve chiedere al Ministero, sono loro che dispongono i rimpatri», risponde Rosaria Giuffré, responsabile area immigrazione della Prefettura di Catania. «C’è un accordo internazionale con l’Egitto e quindi, evidentemente, è stato disposto così». «Non so cosa sia successo dopo», aggiunge Giuffré. «Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza si interfaccia direttamente col ministro. Queste sono decisioni ministeriali. Noi abbiamo assicurato tutti i servizi di assistenza. L’assistenza legale è un’altra cosa. Non abbiamo fatto niente di più di quello che è previsto dalle norme. Consideri anche i limiti della struttura al porto di Catania. Personalmente sono arrivata alle 11 del mattino di lunedì e me ne sono andata alle 11 di sera».
Il 29 agosto la onlus «Borderline Sicilia» denunciava il terzo caso del mese: «Ventiquattro egiziani sbarcati presso Porto Palo di Capo Passero (provincia di Siracusa) trasferiti al centro “Umberto I” di Siracusa e rimpatriati il giorno dopo». L’ultimo caso in ordine di tempo è del 10 settembre. Dieci egiziani separati da un gruppo di 200 migranti giunti a Lampedusa alle due del mattino su un barcone in avaria. Trasferiti a Siracusa e rimpatriati rapidamente dall’aeroporto di Catania. Secondo «Borderline Sicilia», «sono state fornite loro le informazioni sulle procedure di protezione internazionale, ma nessuno ha espresso la volontà di richiedere asilo in Italia».
Dall’accento. «Quello che troviamo sconvolgente è la discriminazione degli egiziani in questo momento storico. Non sappiamo cosa succede dopo, quando l’aereo atterra», osserva Antonella De Donato, responsabile legale del CIR. Ma come avviene l’identificazione, considerando che quasi nessuno ha un documento d’identità? «Normalmente l’Egitto manda un aereo della loro compagnia di bandiera», spiega Giuffré. «A bordo c’è un funzionario che espleta tutte le procedure di riconoscimento e accetta il rimpatrio. È lo stesso funzionario che riconosce i suoi connazionali dall’accento, così come lei potrebbe riconosce il siciliano dal friulano».
«Essendo inesistente un consolato egiziano in Sicilia» spiega l’associazione «Borderline», «i migranti nordafricani vengono segnalati all’ambasciata di Roma tramite i cartellini dello sbarco di provenienza, le foto segnaletiche, le impronte digitali e un colloquio con un interprete connazionale. Le informazioni vengono trasmesse telematicamente a Roma, che fornisce il via libero ai rimpatri». Ma la mancata richiesta di asilo suscita qualche perplessità. «Non è verosimile che gente in fuga da un paese a rischio, dopo aver pagato migliaia di euro, scelga di tornare in patria senza formulare una richiesta per rimanere», ribatte De Donato.
Viaggiare sicuri. Il 12 agosto – con l’uccisione di tre giornalisti stranieri – l’Egitto è in guerra civile. Fino al 20 si registrano le giornate più cruente degli scontri, con centinaia di morti nelle strade, il pesante intervento dell’esercito, la proclamazione dello stato di emergenza e il coprifuoco in dodici governatorati. Il 19 agosto il bollettino «Viaggiare sicuri» del Ministero degli Esteri recita: «In ragione del progressivo deterioramento del quadro generale di sicurezza, si sconsigliano i viaggi in tutto l’Egitto». Eppure le espulsioni non si sono arrestate. «In quella situazione, i rischi per i rimpatriati sono grossi. Non è bastato quello che abbiamo visto in televisione?», si chiede De Donato.
Intini e Mubarak. Perché gli egiziani – a differenza degli altri migranti – vengono espulsi in poche ore? La risposta è nell’accordo sottoscritto l’8 gennaio 2007 con la Repubblica Araba d'Egitto e firmato dal sottosegretario agli Esteri Ugo Intini e dal vice ministro egiziano Mohammed Menessy. I due governi si dicono «desiderosi di rafforzare la cooperazione reciproca per contrastare più efficacemente l’immigrazione irregolare». Quarantanove pagine che in sostanza permettono rimpatri veloci degli egiziani che arrivano in Italia.
Quell’accordo è stato firmato «in cambio di qualche migliaio di posti riservati ai lavoratori egiziani nelle quote ammesse annualmente con i decreti flussi», spiega Fulvio Vassallo, docente all’Università di Palermo ed esperto di diritto d’asilo. Ma le leggi internazionali «vietano le espulsioni collettive di stranieri», dice Vassallo. «In base alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, deve essere presa in considerazione la “posizione individuale” della persona sottoposta alla misura di allontanamento forzato».
Un meccanismo consolidato. Nel corso degli anni, prima della «primavera araba», i governi italiani hanno stipulato numerosi accordi con i regimi di Tunisia, Libia ed Egitto per la gestione dei flussi migratori dalla sponda Sud del Mediterraneo. Nel 2007 in Italia c’era Prodi, in Egitto Mubarak. La «cooperazione» tra i due paesi risulterà tra le più efficaci in materia di rimpatri rapidi. Già nel giugno 2012 il CIR scriveva: «Con un volo di linea egiziano tutti i migranti adulti sbarcati a Catania due giorni fa sono stati rimpatriati. Nessuno li ha incontrati per sapere se qualcuno di loro voleva fare richiesta di protezione. Da colloqui con alcuni di loro pare ci fossero dei copti, che avrebbero potuto chiedere asilo».