martedì 8 gennaio 2013

NEWSLETTER Siciliamigranti - dicembre 2012

L’anno appena trascorso è stato segnato da numerosi avvenimenti riguardanti l’immigrazione, dei quali la Sicilia si conferma teatro principale. Grazie alle testimonianze dei volontari sparsi in tutta la regione, al sostegno di Open Society Foundations e della Chiesa protestante tedesca, il blog siciliamigranti ha raccolto le notizie dei fatti più importanti, provando a raccontare le storie di chi non ha voce. Dedichiamo l’ultima newsletter del 2012 a tutti i migranti che, nonostante la Bossi-Fini, i respingimenti, i naufragi, le detenzioni illegittime, lo sfruttamento, le odissee per un permesso di soggiorno, le sanatorie truffa, il razzismo, vanno avanti con dignità e ci ricordano l’importanza delle lotte per i diritti di tutte le persone contro ogni disuguaglianza e discriminazione, contribuendo a rendere questo paese migliore.


I PRINCIPALI AVVENIMENTI DEL 2012
  • Emergenza Nordafrica: sbarchi, naufragi, la situazione a Lampedusa e la proroga dell’emergenza al febbraio 2013
  • La condanna dell’Italia da parte della CEDU per i respingimenti in mare: il caso Hirsi
  • La vicenda dei tunisini dispersi
  • Il sistema di detenzione amministrativa in Sicilia: i CIE di Milo, Trapani e Caltanissetta. La campagna LasciateCIEntrare
  • Le strutture ibride e i trattenimenti informali: Pozzallo (Rg) e Porto Empedocle (Ag)
  • Il Mega CARA di Mineo (Ct)
  • Il CARA di Salina Grande (Tp)
  • Boats4People nel Mediterraneo e LampedusaInFestival
  • Presentazione al CERD del rapporto sui fenomeni di incitamento all’odio razziale
  • Osservatorio sulle violazioni del diritto di difesa 
  • La nascita a Palermo dell’Osservatorio contro le discriminazioni “Noureddine Adnane”
Emergenza Nordafrica: sbarchi, naufragi, la situazione a Lampedusa e la proroga dell’emergenza al febbraio 2013
Il 2012 è stato caratterizzato dagli arrivi via mare sull’isola di Lampedusa e sulle coste della Sicilia. Nel corso dei primi mesi dell’anno, il centro di contrada Imbriacola a Lampedusa era ancora chiuso a seguito dell’incendio del settembre 2011,   e l'isola risultava, come ancora oggi, "porto non sicuro", per disposizione dell’allora ministro dell’Interno Maroni. Molti migranti, inizialmente costretti a dormire all’addiaccio, sono stati trasferiti nel residence di Cala Creta o nell’hangar di Pozzallo (Rg).
24 Somali (20 uomini e 4 donne, di cui una incinta) sono rimasti nel residence per settimane senza alcuna assistenza. Nessun operatore era presente all’interno della struttura. Le violazioni perpetrate a danno della libertà personale, del diritto alla salute e della dignità umana si sono confermate elementi strutturali del sistema organizzato dal governo, in occasione della riapertura della stagione delle detenzioni sull’isola
http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/04/riapre-la-stagione-delle-detenzioni.html 
In poco tempo è emerso in tutta la sua evidenza il gap del sistema dei trasferimenti gestito dalla Protezione Civile nell’ambito della cosiddetta “Emergenza Nordafrica” www.siciliamigranti.blogspot.it/2012/04/il-prossimo-scandalo-della-protezione.html#more 
Solo nel maggio 2012, dopo un mese dalla scadenza dei permessi per motivi umanitari (rilasciati ai sensi del DPCM del 5 aprile del 2011), concessi ai cittadini nordafricani giunti in Italia in conseguenza delle rivoluzioni arabe, il governo ha provveduto ad emanare il decreto con il quale ha stabilito un’ulteriore proroga di sei mesi
Il 28 maggio è avvenuto il primo sbarco del 2012 sulle coste del ragusano. Sono giunte 76 persone che hanno riferito di quattro dispersi in mare. Sono continuati i morti nel Mediterraneo, le pratiche illegittime di rimpatrio collettivo e gli arresti per favoreggiamento all’immigrazione clandestina a seguito di indagini lampo che destano numerose perplessità
Gli sbarchi avvenuti nel mese di giugno sulla costa sud-occidentale della Sicilia, tra Palma di Montechiaro (Ag) ed Agrigento, hanno avuto in comune lo stesso dato: nessuna traccia dell’imbarcazione che ha condotto i migranti in Sicilia. Questa circostanza non ha rallentato la solerzia dell’autorità inquirente, impegnata a rintracciare presunti scafisti anche quando i migranti sono stati lasciati in prossimità della costa dai trafficanti di esseri umani.
Agli osservatori più attenti del fenomeno è apparso evidente che in paesi come la Tunisia, dove la pesca rappresenta una delle principali attività produttive, l’aggravarsi della situazione economica, a causa degli sconvolgimenti dell’ultimo anno nel Maghreb, ha indotto molti armatori a cimentarsi nel carico umano oltre che in quello ittico
Intanto a Lampedusa, il centro di contrada Imbriacola è stato riaperto con una capienza di 250 posti, ma incredibilmente le persone sono rimaste alloggiate in un residence turistico dell’isola.
Col passare del tempo il sistema dell’ Emergenza Nordafrica ha fatto emergere le sue contraddizioni, evidenziandone l’inutilità e l’enorme sperpero di denaro pubblico. Per mesi, in Sicilia come in altre regioni italiane, non sono state garantite le somme finanziate per il mantenimento delle strutture di accoglienza, con conseguenze gravissime sui bilanci di associazioni e cooperative che nel tempo si sono indebitate fino a non potere garantire i pagamenti dei dipendenti e dei fornitori, e in alcuni casi arrivando a mettere alla porta i migranti ospiti dei centri. Questa situazione paradossale non ha risparmiato neanche i minori non accompagnati, la maggior parte dei quali richiedenti asilo
Nel mese di agosto, come di consueto, gli arrivi sull’isola di Lampedusa si sono intensificati. Dopo il salvataggio in mare di 150 migranti da parte di un peschereccio mazarese, su richiesta della Guardia Costiera (www.siciliamigranti.blogspot.it/2012/08/lampedusa-soccorso-da-peschereccio.html), e del soccorso di un’imbarcazione con a bordo 100 persone a circa 60 miglia da Lampedusa (www.siciliamigranti.blogspot.it/2012/08/soccorso-lampedusa-e-pozzallo.html),  tra il 17 ed il 19 agosto sono giunte sull’isola delle Pelagie circa 460 persone
In totale si sono registrati quasi 900 migranti, transitati sull’isola di Lampedusa nell’agosto del 2012, dato sicuramente non significativo rispetto ai numeri degli anni precedenti, ma occasione per l’ex ministro Maroni di gridare all’ennesima “invasione”, suggerendo formule già sperimentate come i respingimenti alla frontiera 
In quelle stesse ore, l’allora ministro alla Cooperazione internazionale Riccardi, dichiarando il proprio rammarico per la morte eccellente dell’atleta olimpionica somala Saamiya - avvenuta nel marzo del 2012 su una carretta del mare nel tentativo di raggiungere le coste italiane - sottolineava come, ad ogni modo, gli arrivi via mare fossero in diminuzione rispetto agli anni precedenti www.lettera43.it/politica/riccardi-a-lampedusa-sulla-tomba-di-saamiya_4367562887.htm
Al di là delle questioni di forma, il contenuto delle dichiarazioni dei due ministri è apparso simile nella sostanza: il punto di vista rimane quello del numero degli arrivi, senza un minimo interesse per le persone che partono dal nord Africa, affrontando la traversata del Mediterraneo, e che in Europa non sono mai arrivate.
Se a tenere il conto delle morti nel Mediterraneo ci pensa Gabriele Del Grande sul blog fortresseurope (http://fortresseurope.blogspot.it/2012/04/ragazzi-di-tunisi-dispersi-al-largo-di.html), dei respingimenti in mare da parte di Frontex non si hanno notizie ufficiali, nonostante l’attività dell’agenzia internazionale sia attualmente in corso.
Con un comunicato stampa del 29 agosto 2012, Save the Children, presente a Lampedusa come partner del progetto Praesidium, ha denunciato le inadeguate e precarie condizioni di accoglienza degli 80 minori presenti presso il CSPA di Lampedusa, accusando le autorità della lentezza dei trasferimenti dall’isola alla terra ferma presso adeguate strutture.
Il 6 settembre 2012 si è consumata l’ennesima strage nel Canale di Sicilia. Partiti in 136 da Sfax (Tunisia), a Lampedusa sono arrivati soltanto in 56. I superstiti, che hanno raccontato di aver imbarcato acqua fino a quando il mezzo non è affondato, sono riusciti a salvarsi trovando appiglio sullo scoglio disabitato di Lampione, distante 10 miglia da Lampedusa.
A seguito dell’ennesima tragedia in mare, i familiari tunisini dei dispersi nel naufragio di Lampione sono scesi in piazza, alimentando una protesta che si è presto diffusa in tutta la Tunisia e che è sfociata in uno sciopero generale a El Fahs e in altre manifestazioni in diverse città del paese nordafricano. I cittadini tunisini hanno chiesto alle autorità nazionali un impegno concreto nelle ricerche a mare dei corpi, reclamando il proprio diritto ad avere notizie dei familiari dispersi. Quelle proteste erano espressione del malcontento che ancora serpeggia nel post rivoluzione. I cittadini tunisini non accettano che dopo tutto il sangue versato per conquistare la libertà dal regime di Ben Alì, i giovani che vogliono andare via dal paese siano costretti a rischiare la propria vita in mare. In quegli stessi giorni iniziative di sensibilizzazione e di commemorazione si sono susseguite in Francia e ancora in Tunisia. Il Forum antirazzista di Palermo, alla presenza del fratello di uno dei ragazzi inghiottiti dal mare, ha organizzato una conferenza stampa e una fiaccolata cittadina.
Nello stesso mese di settembre, Lampedusa diventava teatro di fatti inquietanti. GALL: Gruppo Armato Lampedusa Libera. Questa la sigla con la quale è stata firmata la rivendicazione, in pieno stile mafioso, dell’incendio appiccato ad una barca che l’associazione Askavusa aveva recuperato per costituire un luogo della memoria sull’isola. A pochi giorni prima risaliva un becero e squallido attacco alla neo-eletta sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, che dopo la strage di Lampione, in un’intervista  all’agenzia Adnkronos aveva dichiarato: "ci auguriamo che gli sbarchi ci siano!", perché vorrebbe dire che le persone arrivano vive. Dopo queste dichiarazioni, su un sito internet si sono scatenati insulti razzisti e fascisti insieme ad esplicite minacce di morte alle quali sono seguiti esposti denuncia da parte della prima cittadina lampedusana.
Nel mese di novembre 2012 Save the Children è tornata a denunciare le condizioni disumane in cui versavano circa 900 migranti trattenuti da settimane presso il CPSA di Lampedusa.
Di fronte alle critiche al “sistema accoglienza” mosse da diverse organizzazioni, il governo nazionale si è nascosto dietro il rifiuto delle comunità alloggio per minori e dei centri di accoglienza emergenziali di prendere in carico altri ospiti, in mancanza di una prospettiva di rifinanziamento dei progetti nati con i fondi dell’Emergenza Nordafrica
Il 31 dicembre 2012 sarebbe dovuto cessare lo stato di emergenza decretato dal governo Berlusconi, ma il termine è stato prorogato di altri due mesi. Sul problema delle migliaia di richiedenti asilo provenienti dalla Libia diniegate dalle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, il Governo è corso ai ripari con i soliti palliativi. Con diverse circolari (in puro stile italiano) piuttosto che decidere per la concessione de plano di un permesso di soggiorno a tutti i profughi giunti in Italia durante l’Emergenza Nordafrica, così come sollecitato da diverse associazioni, ha invece optato per un rimedio alquanto dispendioso, appesantendo di altre incombenze i carichi già gravosi degli uffici immigrazione delle regioni, e dilatando i termini ordinari, di per sé già lunghi, dell’iter di riconoscimento della protezione internazionale per migliaia di richiedenti asilo. Infatti, a seguito delle circolari emanate dal ministero dell’Interno, le commissioni sono a tutt’oggi impegnate a riesaminare le richieste di quanti, rifugiatisi in Italia lo scorso anno a causa del conflitto armato in Libia,  hanno poi ottenuto un diniego in prima istanza http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/11/emergenza-nordafrica-permessi-di.html
La situazione si è complicata a causa delle diverse interpretazioni, in Sicilia, come nel resto d’Italia, delle disposizioni impartite dal governo, che hanno dato vita a prassi eterogenee.
Lo stesso indirizzo ipocrita e schizofrenico si è riproposto nel nuovo decreto flussi emanato il 16 novembre 2012, che ha previsto l’ingresso soltanto di lavoratori autonomi e la conversione di alcuni tipi di permesso di soggiorno. Per un totale di 13850 posti. Si continuano a restringere i canali di ingresso legale, in modo da ingrossare le fila degli irregolari, che costituiscono  la manodopera a basso costo sfruttabile e ricattabile, i quali saranno a breve costretti a passare sotto la mannaia della prossima sanatoria. E a fronte dell’incapacità e della non volontà di questo governo a gestire l’immigrazione in modo razionale, è chiara la linea di continuità con le politiche dei precedenti governi. La notizia che il governo avrebbe intenzione di aprire due nuovi CIE, a Lecce ed ad Agrigento, sarebbe una conferma
A partire dall’ottobre 2012 Lampedusa si è ritrovata costellata di anime vaganti in giro per l’isola http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/12/tafferugli-in-strada-lampedusa-i.html
I migranti trattenuti da mesi presso il CSPA di contrada Imbriacola hanno riacquistato la “libertà” di allontanarsi dal centro nelle ore diurne, ma non escono dal cancello principale, in quanto la tolleranza si limita a permettere loro di valicare i recinti da zone del perimetro non controllate http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/12/lampedusa-off-side-immigration.html
I migranti ancora presenti sull’isola sono di nazionalità somala, eritrea e sudanese, poiché i Tunisini che arrivano via mare vengono immediatamente trasferiti sulla terra ferma. Durante il periodo natalizio, la comunità cattolica che fa capo al parroco di Lampedusa, insieme all’associazione Askavusa ed alcuni volontari dell’amministrazione comunale hanno organizzato dei momenti di aggregazione fra gli abitanti dell’isola e i migranti, ma senza grande risposta da parte della cittadinanza locale (guarda il video della serata: www.youtube.com/watch?v=JEzjPSw810A).
I cittadini sub-sahariani, fra i quali molti giovani, donne madri e minori, lamentano la mancanza di abbigliamento adeguato a ripararsi dal gelo e dal vento che attanagliano l’isola. Padre Stefano e padre Giorgio hanno distribuito gli abiti  raccolti dai volontari, ma molti migranti sono con scarpe di tela a patire il freddo invernale.
L’ultimo avvenimento che ha suscitato clamore risale ai primi giorni di gennaio 2013 quando un ragazzo ospite del centro di Lampedusa è stato investito, in pieno centro cittadino, da un’autovettura guidata da un Lampedusano che si è poi dato alla fuga. I Carabinieri dell’isola stanno indagando sull’accaduto per accertare se il sinistro sia stato accidentale, o sia da ritenere un evento frutto dell’insofferenza di alcuni abitanti alla presenza dei migranti per le strade dell’isola. Il ragazzo per fortuna sta bene, e dopo essere stato trasferito in elisoccorso presso l’ospedale di Agrigento, è stato dimesso dopo 24 ore di osservazione.

La condanna dell’Italia da parte della CEDU per i respingimenti in mare: il caso Hirsi
Grazie al ricorso alla corte di Strasburgo da parte di 24 richiedenti asilo, somali ed eritrei, che il 6 maggio 2009 erano stati respinti in Libia, nel 2012 si è finalmente arrivati ad una condanna all’unanimità della pratica dei respingimenti in mare, operata in conformità del Trattato di amicizia Italia-Libia. La sentenza riveste una particolare importanza perché oltre ad aver inferto un altro duro colpo alle politiche migratorie portate avanti negli ultimi anni dai governi italiani, pone la necessità di rivedere in toto le politiche di settore, anche alla luce dei nuovi assetti politici dei paesi del Mediterraneo http://fortresseurope.blogspot.it/2012/02/la-corte-europea-condanna-litalia-per-i.html

La vicenda dei tunisini dispersi
La rivoluzione che ha portato alla caduta di Ben Alì, è stata segnata dai morti nelle proteste in Tunisia, dalle vittime nel corso della traversata nel Mediterraneo, ma anche dalle centinaia di giovani dei quali si è persa ogni traccia, non si sa bene se in mare o a terra. Perchè di questi, forse molti erano riusciti a “bruciare” la frontiera italiana, ma sono poi scomparsi nel nulla.
I loro parenti hanno formato una delegazione che è giunta in Italia il 28 gennaio 2012. I familiari hanno portato con loro dei dossier molto accurati con foto (alcune sono dei frame tratti da video giornali nazionali) che mostrano l'arrivo dei loro cari in Italia. La delegazione ha rappresentato le famiglie di circa 250 ragazzi partiti nel marzo 2011 su quattro imbarcazioni, ma i "dispersi" sono molti di più: secondo una stima attendibile, sarebbero 800 le famiglie che hanno perso le tracce dei loro congiunti. La prima tappa della delegazione è stata Palermo, dove il console tunisino si è limitato a comunicare loro che «sono tutti vivi e si trovano al nord Italia». Di fronte al rifiuto di fornire altre informazioni, la delegazione ha cominciato uno sciopero della fame e della sete, chiedendo le dimissioni del console. Con il sostegno di gruppi antirazzisti è stato organizzato un incontro con l'ufficio immigrazione della questura di Agrigento, competente per l’identificazione di tutti coloro i quali sbarcano a Lampedusa, ma senza alcun esito. Sono quindi partiti per Roma, dove hanno organizzato un presidio davanti all'ambasciata tunisina, presso la quale sono stati ricevuti per pochi minuti. Il 21 febbraio 2012 si è tenuto un incontro con il ministero dell’Interno. «Chiediamo al governo italiano e a quello tunisino di aiutarci, basterebbe che si scambiassero le impronte digitali», ha dichiarato il sig. Nourredine, un membro della delegazione, padre di uno dei ragazzi scomparsi, riferendosi alla questione delle impronte, uno dei nodi diplomatici della vicenda. Infatti il Viminale si è mostrato disponibile a collaborare ma a
condizione che fosse prima la Tunisia ad inviare le impronte digitali dei suoi cittadini scomparsi, attraverso le quali verificare l’ arrivo dei ragazzi in Italia e la loro eventuale presenza all’interno del sistema europeo di detenzione amministrativa. Al centro di questi rimpalli la disperazione delle famiglie tunisine
A marzo 2012, nonostante da giorni fossero pervenute in Italia le prime 70 impronte digitali al fine di effettuare i necessari riscontri, il ministero dell’Interno non aveva reso pubblici i risultati attesi per la fine del mese, rinviando il momento “a data da destinarsi”. In occasione delle due manifestazioni tenutesi contemporaneamente il 30 marzo a Roma e a Tunisi, l’ambasciata tunisina e quella italiana hanno chiuso le porte, rifiutandosi di ricevere le delegazioni delle famiglie dei dispersi
http://leventicinqueundici.noblogs.org/?p=892, http://leventicinqueundici.noblogs.org/?p=920
Il 22 marzo 2012, infatti, in occasione della visita della ministra Cancellieri a Tunisi, il governo locale aveva consegnato alle autorità italiane la non meglio identificata “documentazione”. Nel frattempo in Tunisia il comitato di mamme dei giovani dispersi prendeva d’assalto l’Ambasciata italiana chiedendo risposte alle domande che da mesi venivano rivolte alle Autorità italiane e tunisine (www.storiemigranti.org/spip.php?article1035). Al termine del braccio di ferro, a Roma la delegazione ha potuto conferire con i rappresentanti dell’ambasciata tunisina e del ministero dell’Interno. E’ stata anche ricevuta dal Presidente Napolitano.
Nell’estate del 2012 un rappresentante del ministero dell’Interno tunisino ha incontrato alcuni membri del Comitato 2511, ai quali sono state riferite altre verità-non verità. Nel frattempo, le autorità italiane hanno terminato il confronto delle impronte digitali. Il risultato negativo avrebbe pertanto dovuto condurre alla conclusione che si è trattato di persone mai arrivate in Italia, ma tale tesi continua a non essere stata accettata dai familiari dei giovani dispersi http://leventicinqueundici.noblogs.org/?p=1036                      
Il sistema di detenzione amministrativa in Sicilia: i CIE di Milo, Trapani  e Caltanissetta. La campagna LasciateCIEntrare.
Nel 2012 il sistema di detenzione amministrativa in Italia, nato nel 1998 con la legge Turco-Napolitano che istituiva i CPT (centri di permanenza temporanea), oggi CIE (centri di identificazione ed espulsione), compie quattordici anni. L’anniversario è stato caratterizzato da rivolte, atti di autolesionismo, violenze e repressione. L’unica buona notizia da registrare è la chiusura del CIE “Serraino Vulpitta” di Trapani, famoso per la strage del 1999, in cui persero la vita sei migranti tunisini a seguito di un incendio. Ufficialmente “chiuso per ristrutturazione”, la chiusura di uno dei peggiori CIE in Italia è stata disposta dopo la visita dell’11 maggio 2012 da parte della parlamentare nazionale Alessandra Siragusa, insieme a Laura Verduci del Forum Antirazzista di Palermo e al giornalista freelance Alessio Genovese. Nei loro report, Verduci e Genovese, hanno raccontato delle condizioni disumane del trattenimento all’interno della struttura
Le continue denunce da parte di ONG italiane delle disumane condizioni dei migranti trattenuti presso i CIE siciliani, in particolare del centro trapanese (http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/05/report-visita-cie-serraino-vulpitta-11.html#more, http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/05/visita-al-serraino-vulptitta-lamadre. html#more, http://siciliamigranti.blogspot.de/2012/05/lasciatecientrare-vulpitta-le-voci-dei.html), hanno stimolato alcuni deputati ad occuparsi della questione, con la promessa della pubblicazione di un report nel quale individuare le criticità del sistema di detenzione amministrativa
Il nuovo Cie di Milo, costruito nelle campagne di Trapani, non è da meno in quanto a violenze e pessime condizioni. Nell’aprile 2012, 240 migranti, la maggior parte dei quali di origine maghrebina, hanno messo in atto uno sciopero della sete, della fame e dei farmaci per difendere la propria dignità. “Qui noi siamo soltanto delle bestie. Siamo dodici persone in celle che ne potrebbero ospitare soltanto sei. C'è chi dorme a terra”. E nei pavimenti sporchi ci si mangia pure, da quanto racconta un giovane recluso. Denunce pesanti sono state raccolte anche nei confronti delle forze dell'ordine: “Ci hanno picchiato più volte con i manganelli quando qualcuno ha tentato di fuggire. Qualcuno è finito pure in ospedale con ossa fratturate”.
http://siciliamigranti.blogspot.de/2012/03/testimonianze-dallinferno-di-milo.html
http://siciliamigranti.blogspot.de/2012/03/ancora-in-sciopero-i-reclusi-milo.html
Anche dai sindacati di polizia si è alzata una voce di indignazione per le condizioni disumane nelle quali sono costretti a lavorare dentro il centro di Milo
Nella primavera del 2012 la campagna nazionale LasciateCIEntrare ha indetto una settimana di azioni fuori dai CIE italiani. Il 23 ed il 27 aprile 2012 sono stati organizzati presidi davanti ai CIE di Trapani e Caltanissetta http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/04/detenuti-ed-ospiti-nel-cie-ca.html
Nel settembre 2012, presso il Cie di Caltanissetta, a causa delle inascoltate denunce dei migranti sulle condizioni inaccettabili del centro, è esplosa una rivolta, seguita da una fuga e l’arresto di due migranti http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/09/fuga-dal-cie-di-caltanissetta-migranti.html
L’ultima terribile vicenda presso il CIE di Milo riguarda un ragazzo tunisino che, nell’ottobre 2012, a seguito di un tentativo di fuga si è spezzato i piedi, ed al momento delle dimissioni dall’ospedale è stato riportato dentro la struttura di detenzione. Il competente giudice di pace ha convalidato la proroga del suo trattenimento, nonostante l’incapacità a deambulare del giovane sia risultata assolutamente incompatibile con la detenzione presso il centro trapanese.
Nel corso dello stesso mese, all’interno del CIE di Pian del Lago (Caltanissetta) si è verificata una rissa, a seguito della quale un cittadino pakistano è stato ricoverato in ospedale in serie condizioni di salute http://caltanissetta.blogsicilia.it/rissa-nel-centro-di-accoglienza-grave-un-extracomunitario/106877/
Tutto questo è avvenuto dopo che il 9 ottobre 2012, alla fine della settimana di monitoraggio sulla situazione dei migranti in Italia, lo “Special Rapporteur” dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Francois Crepeau, ha dichiarato che il sistema di detenzione dei migranti irregolari in Italia viola i diritti umani www.unimondo.org/Notizie/Diritti-dei-migranti-oltre-lo-stato-di-eccezione-137646
  
Le strutture ibride e i trattenimenti informali: Pozzallo (Rg) e Porto Empedocle (Ag).
Le coste siciliane sono, oltre Lampedusa, un punto d’approdo per i migranti che attraversano il Mediterraneo, e che vengono poi trasferiti e identificati in strutture denominate Centri di Soccorso e Prima Accoglienza (CSPA), come quello di Pozzallo (Rg), o in strutture da uno status giuridico indefinito come quella di Porto Empedocle, o di Porto Palo di Capo Passero. Nel 2011, durante la cd. “Emergenza Nordafrica”, la struttura di Pozzallo è stata utilizzata per il trattenimento dei cittadini sbarcati a Lampedusa, in attesa di un rimpatrio o di un collocamento presso altri centri. Ma tutto ciò è avvenuto, e continua ad avvenire, senza alcuna convalida da parte dei giudici di pace del trattenimento dei migranti: la struttura è utilizzata illegittimamente come un CIE
http://it.peacereporter.net/articolo/30554/Italia%2C+Pozzallo+il+centro+della+vergogna
http://it.peacereporter.net/articolo/30555/Italia%2C+Pozzallo%3A+il+centro+senza+legge
All’interno dell’hangar di Pozzallo si sono consumate diverse rivolte e fughe, e conseguenti arresti e processi nei confronti di coloro i quali sono stati fermati o rintracciati successivamente sul territorio. Processi che di solito non vengono celebrati perché la pena viene subito patteggiata dall’avvocato d’ufficio, ma non nel caso di un gruppo di sette richiedenti asilo somali:
www.ilclandestino.info/2012/02/13/disordini-al-centro-di-soccorso-e-primaaccoglienza-di-pozzallo-parlano-i-rappresentanti-delle-forze-dellordine/
Tale prassi, sebbene con numeri inferiori, è continuata anche nel corso del 2012, facendo registrare altre rivolte ed arresti
L’hangar del porto di Pozzallo è di fatto utilizzato come un centro di transito e di detenzione, senza che venga seguita alcuna procedura che convalidi ed autorizzi la limitazione della libertà personale. L’ultimo trasferimento di migranti tunisini a Pozzallo, in attesa di rimpatrio, risale alla fine di dicembre

Il Mega CARA di Mineo (Ct)
Nel marzo del 2012, il Cara di Mineo ha compiuto il suo primo anno di vita. Anche nel corso anno appena trascorso tutte le contraddizioni e le assurdità di un centro così grande e dispersivo hanno contribuito ad alimentare rivolte, risse, incidenti e abusi nati nel clima di apatia e sfinimento dei richiedenti asilo in eterna attesa della definizione dell’iter amministrativo
Lo stesso sindaco del vicino comune di Palagonia ha chiesto che il Cara venga chiuso, sostenendo che la soluzione migliore da tutti i punti di vista sarebbe quella di destinare le ingenti somme utilizzate per mantenere aperto il mega centro al finanziamento di progetti Sprar nelle varie regioni d’Italia. Ma gli interessi economici che ruotano intorno alla struttura sono troppo grandi.
Il 18 dicembre, in occasione della giornata di azione globale della migrazione, la Rete Antirazzista Catanese ha organizzato un incontro con i migranti ospiti, fuori dal Cara.
L‘ultima protesta dei richiedenti asilo risale alla fine di dicembre

Il CARA di Salina Grande (Tp)
Nel 2012 il Cara di Salina Grande ha visto un cambio di gestione, che ha comportato notevoli mutamenti nelle condizioni di accoglienza e, più in generale, nel clima all’interno del centro, come è stato ampiamente documentato dai volontari di Borderline Sicilia Onlus
Grazie alle pressioni del movimento antirazzista siciliano e alle denunce pubblicate sul nostro blog, sono stati risolti momentaneamente i problemi legati all’accoglienza di decine di migranti che si erano allontanati dal centro in cerca di lavoro, perdendo il diritto a rimanere ospiti della struttura. Tuttavia i problemi all’interno del centro sono rimasti molteplici
L’emergenza Nordafrica ha fatto sentire i suoi effetti anche nel Cara di SalinaGrande, dove sono stati collocati numerosi Tunisini, arrivati in Italia dopo le rivolte nazionali, i quali hanno ricevuto un diniego dalla competente commissione territoriale
A settembre del 2012, in seguito delle numerose agitazioni fra gli ospiti del centro, il governo ne ha disposto una massiccia militarizzazione, nonostante si tratti di un centro per richiedenti asilo

Boats4People nel Mediterraneo e LampedusaInfestival
Nell’estate del 2012 la neonata rete transnazionale,  lanciata in Italia durante il meeting antirazzista di Cecina del 2011, ha messo in atto la sua prima azione simbolica con una forza di denuncia di grande impatto. “Basta morti in mare – per un Mediterraneo di libertà.” Questo lo slogan che ha caratterizzato l’azione di Boats4People, alla quale hanno partecipato attivisti di vari paesi europei ed africani. Dopo un anno di preparativi, è salpata da Cecina la goletta OLOFERNE, simbolo della lotta contro le stragi di migranti in mare, facendo rotta verso Palermo, Pantelleria, Monastir ed, infine, giungendo a Lampedusa.
Borderline Sicilia Onlus, insieme a borderline-europe e al Forum Antirazzista di Palermo, ha presentato Boats4People nel capoluogo siciliano. A partire da maggio 2012 è stato organizzato un fitto calendario di eventi, tra cui proiezioni di film e dibattiti. Il 3 luglio la nave Oloferne è approdata a Palermo e, due giorni dopo, l’equipaggio internazionale ha partecipato ad una serata di dibattiti presso l’oratorio di Santa Chiara, a cui sono intervenuti migranti, attivisti, avvocati e i familiari dei tunisini dispersi. Il 6 luglio si è svolta una commemorazione dei migranti morti in mare, con delle fiaccole accese su due barche a largo e presso il lungomare di Palermo
Il 7 luglio, il gruppo di circa 80 attivisti, alcuni dei quali siciliani, è partito con due traghetti di linea alla volta della Tunisia per partecipare alle azioni in programma a Tunisi e a Monastir. Una delegazione si è recata presso il campo profughi di Shousha (vicino il confine libico), ed il 13 luglio si è svolto un incontro a Monastir, sede del prossimo Forum sociale mondiale, in programma per marzo 2013.
L’ultima tappa del viaggio in mare è stata Lampedusa. Borderline Sicilia, insieme all’associazione Askavusa e ad una rappresentante di Migreurop, ha organizzato il benvenuto sull’isola, la presentazione del progetto “WatchTheMed” (https://watchthemed.crowdmap.com/) ed una commemorazione, presso il monumento “Porta d’Europa”, delle stragi avvenute nel Canale di Sicilia nel 2012, che si è conclusa con il lancio di fiori dalla goletta e da una barca di pescatori lampedusani www.boats4people.org/index.php/it/attualita/comunicati/585-la-prima-azione-in-mare-di-boats4people-e-stata-un-successo-le-frontiere-marittime-dellue-restano-mortali
Grazie all’azione Boats4People si è creata una rete di attivisti fra le due sponde del Mediterraneo, avviando un lavoro che sarà sviluppato e rafforzato nel tempo.
La conclusione delle manifestazioni nell’ambito di Boats4People è coincisa con  l’apertura della quarta edizione di LampedusaInFestival.
Fra dibattiti, incontri e presentazioni di libri, sono stati proiettati vari film selezionati dall’associazione lampedusana Askavusa, promotrice ed organizzatrice del festival, e divisi nelle sezioni migrazione/memoria e democrazia. Borderline Sicilia ha partecipato insieme agli altri gruppi di volontari alla gestione del festival.
Per la prima volta la giuria della sezione migrazione/memoria è stata composta soprattutto da migranti: coordinata da Dagmawi Yimer per l'Archivio delle Memorie Migranti (AMM) e curata da Zakaria Mohamed, ne hanno fatto parte Ali Hevi Dilara, Mohamed Ba e Salvatore Billeci. Il vincitore di questa sezione è stato VERA di Francesca Melandri. Il film racconta la storia di un’ ebrea croata che a 15 anni perde l’intera famiglia, e che ritrovatasi sola, ad 87 anni alleva cavalli vicino Roma, e  racconta senza rancore la sua storia terribile mentre sta per nascere un puledro, una nuova vita.
Nella sezione “Democrazia”, la giuria coordinata da Pietro De Rubeis per il Movimento Giovanile Lampedusa e curata da Stefano Liberti, Costanza Ferrini, Maria Teresa De Sancitis e Mariangela Barbanente, ha premiato MINOTAWRA: SI ESPORTA CAMBIAMENTO di Kamikairy Fares, un film sulla rivoluzione in Tunisia          www.lampedusainfestival.com/opere-vincitrici.html

Presentazione al CERD del rapporto italiano sui fenomeni di incitamento all’odio razziale
Il 28 agosto 2012, nell’ambito della thematic discussion del Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale dell’ONU, è stato presentato un rapporto sui fenomeni di incitamento all’odio razziale nel discorso pubblico mediatico e politico in Italia. Il rapporto è stato redatto da un network di associazioni, a cui ha partecipato anche Borderline Sicilia Onlus, guidato dall’Unione forense per i diritti umani, nell’ambito del progetto “Enhancing Italy’s civil society participation to international bodies decision making”, finanziato da Open Society Foundation.
I risultati del rapporto sono preoccupanti e, purtroppo, confermano l’esistenza di tutte le violazioni  e gli abusi subiti dai migranti, che le associazioni come la nostra da tempo denunciano.
E' possibile visuinare l'intera seduta presso il Cerd al link: www.treatybodywebcast.org/cerd-81-thematic-discussion-on-racist-hate-speech/

Osservatorio sulle violazioni al diritto di difesa
Durante l’anno appena trascorso, abbiamo monitorato e segnalato una serie di casi di violazioni del diritto alla difesa dei migranti.
A seguito della denuncia del provvedimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania (http://siciliamigranti.blogspot.it/p/materiali.html) con cui si è  decretata la sospensione di tutte le istanze di gratuito patrocinio avanzate dai richiedenti asilo per la mancanza di un documento d’identità, nonostante la questione era stata oggetto di alcune ordinanze del Tribunale di Catania, che chiarivano come l’attestato nominativo rilasciato dalla Questura abbia valore identificativo per il richiedente asilo, in quanto chi fugge dal proprio paese arriva in Italia sprovvisto di documenti.
Ritenuti evidenti i profili di illegittimità del provvedimento del Consiglio dell’Ordine, la sezione siciliana dell’Asgi ha impugnato la delibera innanzi il Tar (tribunale amministrativo regionale) di Catania. Pochi giorni dopo la notifica del ricorso, il COA, seppur ritenendone la legittimità, ha emanato una delibera con cui veniva revocato il provvedimento oggetto di impugnazione.
Altra problematica attenzionata è stata quella dei ricorsi contro i provvedimenti di respingimento cd. differito (cioè un respingimento emesso dai questori dopo l’ingresso sul territorio italiano dei migranti al posto delle tradizionali espulsioni). Fra il 2011 ed il 2012 a centinaia di migliaia di migranti arrivati a Lampedusa è stato negato il diritto di accedere ad una effettiva difesa giurisdizionale. In questi casi, infatti, il GdP si dichiara incompetente, ritenendo tali impugnazioni di competenza del Tribunale Amministrativo Regionale, il quale, a sua volta in diverse occasioni, si è dichiarato incompetente sulla questione. Il risultato è che migliaia di richiedenti asilo, soggetti vulnerabili, familiari di cittadini comunitari ed, in generale, tutti i migranti che avrebbero diritto a restare sul territorio italiano, corrono il rischio di essere rimpatriati, reclusi per mesi in un CIE o destinati alla clandestinità. Per porre fine agli escamotage istituzionali con i quali lo Stato italiano nega di fatto il diritto di difesa ai migranti, nei primi mesi del 2012, l’avv. Cattelan di Torino, in collaborazione con Borderline Sicilia Onlus, ha selezionato un caso pilota da sottoporre al giudizio della Corte di Cassazione, per stabilire se sia il giudice amministrativo o quello ordinario competente a decidere nel merito. L’udienza dinnanzi alle Sezioni Unite è fissata per il 23 febbraio 2013.
Durante l’estate  del 2012 un altro grave abuso delle autorità si è registrato  nei confronti di un cittadino tunisino, che, al rientro in Italia, è stato respinto in Tunisia, pur vivendo e lavorando nel nostro paese da anni, ed avendo in Italia ad attenderlo una figlia e una moglie incinta. Un bravo avvocato della sezione siciliana dell’Asgi è riuscito ad impugnare l’atto amministrativo di respingimento ottenendone dal giudice di pace di Palermo annullamento. http://siciliamigranti.blogspot.it/2012/08/la-prova-di-un-respingimento.html
L’avv. Gaetano Pasqualino, in un’intervista rilasciata in quei giorni alla nostra redazione, ha raccontato l’intera vicenda: “Il sig. M.A., in Italia dal 2005, titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato presso la questura di Trapani, attendeva da quasi un anno il rinnovo. Qualche mese fa aveva ricevuto dalla questura di Trapani una lettera ex art. 10 della l. 241/90, con cui si chiedeva la produzione del C.U.D. e del certificato di residenza. La lettera non era tradotta e non afferrandone il senso, M.A. non aveva prodotto la documentazione richiesta. Nel frattempo è dovuto tornare in Tunisia urgentemente per un lutto e, rientrando a Palermo il primo luglio scorso, è stato sottoposto a degli accertamenti prima di scendere dalla nave. A seguito di questi ultimi, è emerso che a giugno era stato deciso il rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno per mancanza del C.U.D. e della residenza, ma non gli era stato notificato nulla. Così le autorità hanno deciso di farlo sulla nave, notificandogli contestualmente il respingimento e la richiesta di affidamento al comandante della nave (il tutto sempre e solo in italiano). M. A. è stato costretto a rimanere per una settimana a bordo della nave prima di essere riportato in Tunisia. Tramite il consolato tunisino per l’autentica della firma, ho impugnato il provvedimento, in quanto M.A è coniugato con una cittadina tunisina residente in Italia in stato di gravidanza e con una figlia piccola. L’art. 19 del testo unico vieta il respingimento e l’espulsione delle donne in stato di gravidanza, e tale divieto è stato esteso dalla Corte Costituzionale anche ai mariti. Il Giudice di Pace di Palermo sulla base di questa motivazione ha annullato il provvedimento di respingimento. M. A. è ancora in Tunisia, e la moglie, che ha perso il bambino che aspettava, si trova in un centro d’accoglienza insieme alla figlia. E’ molto probabile che M. A. abbia perso anche il lavoro di pescatore che aveva, se il datore di lavoro non accetterà di poter giustificare quest’assenza prolungata, pur non dipendendo da lui. L’impossibilità del rientro è data dal provvedimento di rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno, per cui stiamo valutando un ricorso al Tar. Nel frattempo ho depositato al Tribunale dei minori di Palermo una richiesta di autorizzazione all’ingresso in quanto padre di una minore ex art. 31 comma terzo del testo unico, sperando che il Tribunale si pronunci con celerità, vista la gravità della situazione”.

La nascita a Palermo dell’Osservatorio contro le discriminazioni “Noureddine Adnane”.
A febbraio 2012 a Palermo è nato l’Osservatorio contro le discriminazioni “Noureddine Adnane“, in ricordo del ragazzo marocchino, che esasperato dagli atti persecutori di alcuni operatori della Polizia municipale di Palermo, relativi alla sua attività di venditore ambulante, è morto dopo essersi dato fuoco. L’Osservatorio, fondato dai Missionari laici Comboniani di Palermo, Borderline Sicilia ONLUS, borderline-europe, Altro Diritto ONLUS, l’Università di Palermo e la sezione siciliana dell’Asgi, ha lo scopo di osservazione, analisi, informazione e sensibilizzazione sui fenomeni di discriminazione razziale nella provincia di Palermo. In particolare l’osservatorio intende indagare la discriminazione che può colpire i migranti nel contesto locale per favorire strumenti di conoscenza del fenomeno e la proliferazione di politiche attive, in armonia con le indicazioni della normativa europea e nazionale; raccogliere informazioni relative a fenomeni di discriminazione e di razzismo, operando soprattutto con finalità di studio, di monitoraggio, di  sensibilizzazione e come riferimento per la raccolta e la condivisione di informazioni, anche al fine di introdurre buone pratiche nei rapporti con le istituzioni e gli enti locali. Per informazioni: palermonondiscrimina@gmail.com                      

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