Castellana, Collesano, Geraci, Isnello,
Palazzo Adriano, Ciminna, San Cipirrello, Villafrati, Marineo e Godrano sono
soltanto alcuni dei comuni in cui sono stati aperti i CAS della provincia di
Palermo. CAS dispersi tra i colli delle Madonie, CAS che rispondono alla logica
di nascondere le persone. Vecchie e nuove cooperative che hanno aperto i
battenti tra un bosco e un agriturismo, lontani dai centri abitati.
Migranti tunisini costretti a dormire per terra alla stazione di Agrigento |
Nuovi CAS che sono serviti alla Prefettura di
Palermo per allentare la pressione dei centri per MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati), pieni di neomaggiorenni,
che da mesi, in barba alla legge Zampa, stavano in centri di prima accoglienza
senza possibilità intraprendere percorsi di inserimento. Così, una volta
diventati maggiorenni, sono stati trasferiti in montagna, con il paradosso che
almeno i centri di prima accoglienza erano in vicinanza di una piazza o di un
luogo di aggregazione. Si sono visti allontanare dagli unici punti di
riferimento che nel tempo avevano con difficoltà costruito. Ciò ha provocato
proteste e problematiche che ogni volta danno vita alle stesse dinamiche:
fughe, perdita dell'accoglienza e invisibilità.
A pagare come sempre i migranti che vengono
isolati, e non è soltanto un isolamento fisico, ma anche e soprattutto sociale:
nessuno vuole migranti fra i piedi, e le proteste montano in ogni città, paese,
o quartiere. Ultimo in ordine di tempo quello di due giorni fa, da parte degli
abitanti del quartiere Acquasanta di Palermo che sono scesi in piazza per
bloccare l'apertura di un CAS per 80 persone, affidato alla cooperativa La
Fenice. Come sempre, dopo le notizie delle proteste, arrivano i commenti
razzisti sempre più violenti. Commenti di persone che magari scelgono tra i “neri”
la badante della madre o l’aiutante per pulire il giardino. Ma questo non
c’entra: loro "Sono brave persone che pensano a lavorare, questi invece
vengono per prendersi i 40 euro al giorno e pretendono pure il wi-fi. Il
quartiere non può essere sicuro con questi
nivuri (neri) in giro, i nostri bambini non possono più giocare in
strada".
Queste dichiarazioni di una signora di mezza
età sono frutto della politica razzista e strumentale alla creazione di capri
espiatori, con la conseguenza che anche tra le fasce di popolazione più
disagiata i nivuri sono ben accetti solo
se stanno al proprio posto e non hanno particolari pretese.
I centri isolati vivono le stesse dinamiche
dei centri in città, con la mancanza di figure professionali adeguate. Il
paradosso dei nuovi centri nelle Madonie è che hanno la scusante che nessuno
vuole andare a lavorare così lontano, perché il gioco non vale la candela, e
quindi devono arrangiarsi con poco personale, con tutte le conseguenze che ciò
comporta.
E che le istituzioni non pensano minimamente
al benessere delle persone accolte, ma soltanto a mantenere un business che
calpesta la dignità umana. La scorsa settimana 34 persone di nazionalità nigeriana e
pakistana sono stati portati dalla prefettura di Siracusa al centro San Carlo
di Palermo che la Caritas ha messo a disposizione in emergenza per qualche
giorno. Con grande sorpresa dei volontari della Caritas, i ragazzi venivano non
da uno sbarco ma da un centro di Rosolini dove da tempo vivevano senza aver
avviato nessun iter. Nelle intenzioni della Prefettura di Siracusa, queste 34
persone erano destinate ad un CAS che doveva aprirsi a Palermo, ma senza il
minimo raccordo con i colleghi palermitani. Paradosso: la Prefettura di
Siracusa dopo aver capito l'errore "volontario", ha inviato gli
operatori del centro di Rosolini per riprendersi le persone. Anche in questo
caso soltanto la presenza massiccia della polizia (ben sette volanti più alcuni
dirigenti) hanno convinto i ragazzi a salire sul pullman per tornare nella loro
cella, quella che noi italiani crediamo un hotel a 5 stelle.
In questo quadro desolante non dobbiamo
dimenticare che le procedure per il riconoscimento della protezione
internazionale sono sempre farraginose sia per gli adulti che per i MSNA, e le lungaggini burocratiche fanno sì che
l'allontanamento dai centri sia sempre dietro l'angolo. Le statistiche parlano
chiaro, con numeri che fanno rabbrividire soprattutto per i minori: non sapere
dove siano finiti 12 mila MSNA per uno stato civile è una sconfitta su tutti i
piani, giuridico, sociale e politico, ma in fondo sono minori di una categoria
che non ci appartiene. Statistiche desolanti che corrispondono alla chiusura
della Fortezza Europa che alza solo muri.
Per fare un esempio, la commissione
territoriale di Trapani nel 2016, su 2307 domande esaminate, ha dato esito
negativo a ben 1259 richieste, e riconosciuto solo 17 status di rifugiato. Sono
ben 463 invece le persone che non hanno avuto la pazienza di aspettare i tempi
burocratici e si sono allontanati dai centri prima della decisione della commissione.
Migranti sempre più soli anche nelle nostre
città, nelle nostre stazioni, perché oltre a chi fugge dalla burocrazia e dagli
abusi e dalla solitudine dei CAS, ci sono i tunisini che continuano ad essere
allontanati dalle questure con fogli di via, che dormono per strada in attesa
di un "passaggio" verso una meta non ben definita, e rischiano di
diventare preda di traffici e sfruttamento.
Tunisini respinti alla stazione di Agrigento |
Persone che sono sempre più considerate ingombranti,
pericolose e discriminate da leggi che creano invisibili. Chi ha contatti viene
ben volentieri sfruttato nelle campagne, visto che in questo particolare
periodo c'è una buona richiesta.
Invece per qualcun altro la ruota ha estratto
un rimpatrio: il 26 ottobre 40 tunisini
sono stati riportati a Tunisi da un aereo partito direttamente da Lampedusa,
ultimo caso di rimpatrio diretto e senza nessuna tutela legale.
E non dimentichiamo che la solitudine uccide.
Anche questo è un
crimine da imputare ad una politica spietata.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus