L'Espresso - Il naufragio dei bambini «era ampiamente prevedibile». Così scrive Francesco Provenzano, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, nell'ordinanza che ha disposto l'iscrizione coatta sul registro degli indagati per omicidio, con la circostanza del dolo eventuale, di quattro ufficiali in servizio l'11 ottobre 2013: la tenente di vascello Catia Pellegrino, 41 anni, allora comandante di nave Libra, i due tenenti di vascello della sala operativa della Guardia costiera, Clarissa Torturo, 40, e Antonio Miniero, 42, e il comandante in capo del Cincnav, il centro operativo della Marina militare, ancora da identificare.
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Il dispositivo, che tra l'altro trasferisce gli atti alla Procura di Roma per competenza territoriale, è stato firmato venerdì 12 maggio, quattro giorni dopo la pubblicazione del videoracconto sul sito de "L'Espresso" che rivela con le telefonate dei protagonisti perché si sia arrivati al disastro in cui sono annegati 268 profughi siriani, tra i quali sessanta bambini. È la strage che, una settimana dopo i 366 morti a Lampedusa, ha convinto l'allora premier, Enrico Letta, ad avviare immediatamente l'operazione "Mare nostrum".
ESCLUSIVO LE TELEFONATE DEL NAUFRAGIO
Il Tribunale respinge fin dall'inizio l'impostazione della Procura di Agrigento. Non è vero, smentisce il giudice, che il peschereccio con almeno 480 profughi si trovasse in acque territoriali maltesi. Era a oltre cento miglia dall'isola. Si trovava invece nell'area "Sar" di Malta, l'acronimo inglese che significa ricerca e soccorso. Tra Roma e La Valletta però non è mai stato raggiunto nessun accordo bilaterale di cooperazione in mare, come invece è avvenuto con Slovenia, Croazia, Albania e Grecia.
Alle 13.15, quattro ore prima del naufragio e un'ora dopo la prima richiesta di soccorso, nave Libra era a circa 20 miglia marine dal peschereccio che stava affondando e da cui arrivavano le telefonate disperate del dottor Mohanad Jammo, il medico siriano che ha perso in mare due bambini, uno di sei anni e uno di nove mesi. Il giudice, illustrando la normativa nazionale e internazionale, ricorda l'articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare: «Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile... presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo e proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto».
«La nave Libra», osserva il gip Francesco Provenzano, «era nei pressi dell'imbarcazione in pericolo, era in condizione di intervenire tempestivamente e in tempo utile ad evitare l'annegamento di 300 persone, ma tale soccorso non si è attivato». La centrale operativa di Roma della Guardia costiera «era ben a conoscenza del dato che tra Malta e l'Italia non vi era un accordo per l'esatta individuazione delle zone Sar di competenza previste dalla Convenzione di Amburgo; ben sapeva che in altre occasioni Malta, a causa dell'eccessiva estensione della zona Sar che si era attribuita, aveva fatto mancare il proprio intervento... L'evento tragico era quindi ampiamente prevedibile e rappresentabile, ma non ci si è attivati adeguatamente, accettando quindi che si potesse verificare l'epilogo tragico collettivo come poi è avvenuto. Tale circostanza configura l'ipotesi del dolo eventuale che si innesta sulla causazione dell'evento ai sensi dell'articolo 40 secondo comma del codice penale». È l'articolo che stabilisce che «non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo».
In particolare, i tenenti di vascello Torturo e Miniero «avrebbero dovuto tempestivamente informare dell'obbligo di intervento immediato in soccorso le unità navali in navigazione nella zona oltre ad attivarsi, anche e non solo in concorso con Malta, per garantire nell'immediatezza l'arrivo di mezzi di soccorso italiani, molto più vicini all'imbarcazione in difficoltà... Ciò non hanno fatto, si sono limitati a chiedere fino all'esasperazione le coordinate di localizzazione del barcone, ignorando l'esigenza di pronto intervento e rimbalzando, ai migranti disperati, il numero di soccorso di Malta, omettendo l'attivazione dei soccorsi reali cui le norme li obbligavano... (oltre che l'intervento complementare a Malta previsto dalla Convenzione di Amburgo e che non hanno sollecitato) così contribuendo, volontariamente, al naufragio e alla conseguente morte di trecento migranti».
Secondo il Tribunale di Agrigento, vanno poi indagate le eventuali responsabilità del comandante del Cincnav della Marina «che avvertito alle ore 13.15 dell'11 ottobre 2013 del "warning" in corso, non risulterebbe essersi attivato per dare l'input alla nave militare Libra che si trovava a sole 17 miglia dal punto si soccorso, affinché tale nave ivi si recasse a prestare aiuto urgente in mare».
Anche la comandante della Libra, Catia Pellegrino, deve essere indagata per omicidio «perché la stessa», scrive il giudice, «o non è stata avvisata o non ha ricevuto l'ordine del comando militare superiore ovvero non si è attivata per spostare la nave di cui aveva il comando sul luogo del pericolo, come imponevano il paragrafo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e l'articolo 1158 del codice della navigazione... dopo aver ricevuto l'allarme intorno alle 13.30 circa dalla sala operativa della Guardia costiera e così essere nelle condizioni di evitare la tragedia, poi verificatasi alle 17.07, quindi tre ore e mezzo dopo, senz'altro sufficienti a percorrere le 17 miglia che la separavano dall'imbarcazione in pericolo».
Fabrizio Gatti