martedì 23 maggio 2017

La storia di Adriana, transgender reclusa nel CIE di Caltanissetta

Adriana è una donna transessuale che dopo 17 anni di soggiorno in Italia è divenuta irregolare perché senza più contratto di lavoro. Da quel momento è iniziato il suo calvario. Ad un controllo di polizia è risultata priva del permesso di soggiorno ed è quindi stata trasferita presso il Cie di Brindisi. Qui è stata costretta per più di un mese (dal 21 febbraio al 24 marzo) all’interno della sezione maschile. 


A causa degli insulti e delle minacce da parte degli altri trattenuti ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro una reclusione che riteneva illegittima e ciò ha richiamato l’attenzione dei mezzi di informazione e di alcune associazioni che si occupano dei diritti delle persone transgender. 

A fine marzo la stampa aveva dato la notizia di un suo rilascio con un permesso umanitario, ma la notizia era infondata visto che a causa di alcuni piccoli precedenti penali non è stata liberata, ma semplicemente trasferita presso il Cie di Caltanissetta. Anche qui non esiste una sezione femminile e solo una rete metallica la separa e la difende dalle offese e dalle intimidazioni che continuamente riceve dagli uomini lì trattenuti.

Intanto, il 10 aprile la Commissione Territoriale ha rigettato la sua richiesta di protezione e ora si è in pendenza del ricorso che viene seguito dall’Avvocato Giovanni Annaloro. Se il giudice non dovesse accordarle una qualche forma di protezione rischia di essere espulsa in Brasile, paese che ha un record negativo per quanto riguarda violenze, persecuzioni e omicidi di persone transessuali.

Una vicenda che descrive la violenza di un sistema che non riconosce i diritti di chi per quasi venti anni ha regolarmente vissuto e lavorato nel nostro Paese e che nega, con inaudita violenza, l’identità dei migranti transgender.


Di seguito il link dell’intervista telefonica di Radio BlackOut con Adriana:

Qui un articolo di OpenMigration che ricostruisce dall’inizio la vicenda di Adriana e fa il punto sulla negazione dell’identità nei confronti dei migranti transgender: