Nella notte tra il 17 ed il 18 aprile 2015 circa 800 persone hanno perso la vita nel più grande naufragio avvenuto dal dopoguerra nel Mediterraneo Centrale. Bangladesh, Eritrea, Nigeria, Somalia, sono solo alcuni dei paesi di provenienza di quei migranti partiti dalla Libia nel disperato tentativo di raggiungere l’Europa sulle carrette del mare.
I 27 sopravvissuti giunsero al porto di Catania, accolti dalla parata di istituzioni, giornalisti di tutto il mondo e centinaia di cittadini, alcuni sconvolti per aver preso consapevolezza solo allora delle tragedie che da anni insanguinano il Mediterraneo, altri già determinati a rivendicare giustizia e passaggi sicuri per chi fugge e rischia la morte.
La mattina del 18 aprile 2017, la Rete Antirazzista Catanese ed altri cittadini hanno voluto commemorare con un gesto simbolico ed un minuto di silenzio la scomparsa di due anni fa. Al porto di Catania eravamo una trentina di persone, fra cui diversi membri dell’equipaggio della nave Aquarius, ormeggiata al porto per alcuni giorni. I ragazzi imbarcati hanno portato la testimonianza del loro lavoro di soccorso e salvataggio in mare ed espresso sincera gratitudine per la possibilità di vivere un momento di commemorazione, onorando le vittime di quelle traversate mortali anche solo con un pensiero ed un fiore.
Un momento della commemorazione a Catania |
L’importanza di ricordare e soprattutto non voler dimenticare le morti in mare era forte, mentre a pochi metri da noi si concludevano le operazioni di sbarco di più di mille altri migranti, arrivati lunedì mattina a bordo della nave tedesca Rhein, inserita nell’operazione Sophia di Eunavformed. Nessuna traccia di iniziative simili sui media e poche parole balbettate dai rappresentanti istituzionali: fare memoria e informazione è un’urgenza ora più che mai, nel momento in cui dal mainstreaming viene data una lettura solo in chiave securitaria del fenomeno migratorio, e risulta davvero arduo comprendere i motivi e le modalità di fuga che i migranti hanno a disposizione, insieme agli obblighi umanitari che gli Stati europei hanno nei loro confronti.
La nave Rhein al porto di Catania |
Nell’ultima settimana sono stati soccorsi circa 8500 migranti sbarcati nei principali porti siciliani ma anche in Sardegna ed in Calabria. Dall’Italia si preparano a partire le prime motovedette della Guardia Costiera libica per contrastare quel traffico di esseri umani che la chiusura della Fortezza Europa continua ad alimentare. La campagna criminalizzante nei confronti delle navi umanitarie prosegue a ritmo incalzante, con articoli diffamatori e polemiche in tv e sui giornali, mentre la Commissione Difesa del Senato sta chiamando in audizione a turno le ONG che prestano soccorso in mare, chiedendo conto del loro operato. Ma sono ancora una volta i profughi a pagare il prezzo più alto di queste politiche di repressione e chiusura.
Durante gli ultimi salvataggi si è parlato infatti di una ventina di morti al largo delle coste libiche. Le morti non fanno più notizia e le operazioni di sbarco di migliaia di persone, che avremo modo di approfondire in altri report, hanno messo in evidenza tutta la disumanità di un sistema in cui l’assistenza umanitaria ritorna ad essere in balìa delle priorità di controllo e sicurezza delle forze dell’ordine italiane. Chi arriva riferisce notizie di dispersi e descrive le difficoltà delle operazioni di soccorso in mare. La nave Aquarius ha portato una salma al porto di Pozzallo il 15 aprile, altri 7 corpi sono giunti ad Augusta il 19 e un cadavere a Vibo Valentia il giorno prima. Tra di loro anche due minori, morti lontano dalla propria casa e dalla propria famiglia, uccisi dall’impossibilità di costruirsi un futuro migliore. A distanza di anni la strage continua. Noi non lo possiamo dimenticare.
Lucia Borghi
Borderline Sicilia Onlus