Quello di oggi è il secondo sbarco a Pozzallo nel giro di quattro giorni. Mercoledì 17 gennaio erano infatti 367 i migranti giunti al porto a bordo della nave della marina Militare Cigala Fulgosi, mentre oggi 105 sono arrivati sulla Siem Pilot, nave battente bandiera norvegese ed inserita nel dispositivo Triton/Frontex.
Nonostante l’arrivo a bordo di una nave militare, o di imbarcazioni comunque inserite in operazione di salvataggio e controllo delle acque marittime, i migranti si interfacciano immediatamente con gli aspetti meno pubblicizzati ma più pervasivi e strutturanti del cosiddetto sistema di “accoglienza”, e cioè i dispositivi di controllo, divisione e militarizzazione.
Stamattina sono approdati a Pozzallo 63 uomini, 28 donne e 14 minori, prevalentemente di origine sub-sahariana, ma anche egiziana, somala ed eritrea; anche oggi i primi contatti dopo aver messo piede a terra sono stati con le forze di polizia e il personale di Frontex, per le perquisizioni, i controlli e le indagini. A loro spetta il primo approccio con gente sconvolta che fatica pure a sostenersi, e non agli operatori di UNHCR, OIM e Save The Children, che riescono a parlare con i migranti solo una volta saliti sui bus diretti in pochi minuti al vicino hotspot. Diversi profughi vengono interrogati già lungamente in banchina, alcuni, come spesso accade, messi a sedere a terra separati dagli altri. C’è un vento molto forte e freddo, ma la prima preoccupazione degli agenti è quella di raccogliere informazioni, mettere a confronto i nuovi arrivati e avere dati e numeri da riportare, non certo quella di dare a chi è reduce da un viaggio potenzialmente mortale la possibilità di tranquillizzarsi. Durante le operazioni di sbarco ai migranti non è nemmeno consentito recarsi in bagno, poiché ancora oggi mancano i bagni chimici sulla banchina. “Per mancanza di soldi” dicono alcuni, per la persistenza di un atteggiamento di disinteresse che diventa disumano, pensiamo noi; le operazioni di sbarco possono infatti anche durare più di 4/5 ore, e la situazione non cambia. Diversi migranti passati da questa fase ci dicono che all’arrivo è stato loro chiesto: “Vuoi un futuro in Italia? Allora dimmi chi guidava la nave!”, salvo poi ritrovarsi, dopo aver testimoniato e aspettato per alcuni mesi in un limbo di incertezza e confusione, buttati per la strada senza sapere come sopravvivere. Intanto però continua la conta dei “presunti scafisti”, anche minori, quando in molti ormai riconoscono che la maggior parte dei fermati non sono i veri organizzatori dei viaggi, ma persone costrette sotto minaccia di morte o per stato di necessità a portare le imbarcazioni. Quello che vediamo oggi è perfettamente coerente con le decisioni adottate dall’Italia e dalla Fortezza Europa, che appoggia dittature sanguinarie e foraggia di armi le fazioni in guerra, per poi “governare” in questo modo chi rischia la vita per scappare dall’inferno che a questo consegue. Anche chi fugge viene infatti suddiviso in categorie discriminatorie ed escludenti, tramite le quali si perpetra nuova violenza, permettendo a pochi di ricevere protezione e ricostruirsi una vita, sempre entro canali ben istituzionalizzati e prestabiliti e lasciando invece la maggior parte fra i respinti e gli indesiderati.
Lucia Borghi
Borderline Sicilia Onlus