martedì 1 settembre 2015

Newsletter SICILIAMIGRANTI - Agosto 2015

  • Centinaia di migranti perdono ancora la vita in mare. L’unica certezza rimane la morte
  • Sbarchi, trattenimenti e respingimenti. Cosa succede a chi riesce ad arrivare
  • Un’accoglienza degna, impossibile da trovare: il caso di numerosi minori non accompagnati
  • Politiche migratorie lontane dalla realta’ quotidiana. La situazione di alcuni centri siciliani
  • La risposta del territorio all’ipocrisia istituzionale: i casi di Catania e Caltanissetta
CENTINAIA DI MIGRANTI PERDONO ANCORA LA VITA IN MARE. L’UNICA CERTEZZA RIMANE LA MORTE
Diventa quasi quotidiana la conta di chi perde la vita in mare. Mancano ormai le parole per descrivere l’orrore di questa continua strage che si consuma alla luce del sole e sotto gli occhi dei rappresentanti istituzionali che non si decidono ad adottare immediatamente provvedimenti sensati, come l’apertura di corridoi umanitari. Il 6 agosto viene lanciato l’allarme da un barcone con 600 migranti a bordo, che a soli 15 km dalla Libia imbarcava acqua nella stiva. Il numero dei morti inizialmente 25 sarà destinato a salire sommandosi ai 200 dispersi. L’intervento sul posto da parte della nave di Medici Senza Frontiere, chiamata poi ad effettuare altri soccorsi, evidenzia anche l’incapacità di fare fronte ai salvataggi in mare con i mezzi ora a disposizione

Chi arriva vivo descrive le violenze subite durante la traversata, con trattamenti atroci riservati ai migranti e differenziati a seconda delle etnie di appartenenza, mentre a Palermo, in mezzo ad altri cadaveri, sbarcano anche quelli di tre bambini. E’ tanta la rabbia nel vederli deposti in bare improvvisate con tavole di compensato, mentre le autorità capaci di spendere belle parole e fare promesse davanti ai riflettori, fanno il gioco di chi è disposto a permettere un olocausto per salvaguardare gli interessi economici di pochi. L’uso strategico dell’emergenza per alimentare il business che circonda l’arrivo dei migranti non si arresta neanche davanti a tante morti. 


Soffocati e disidratati. Per chi viaggia nelle stive è sempre più un miraggio concludere la traversata in mare. A ferragosto sono ancora più di 40 i migranti morti recuperati a sud di Lampedusa. I loro corpi arrivano a Catania a bordo di un container e vengono presto tolti alla vista dei presenti. In tanti sembrano non essere ancora scossi da questa ecatombe, come denuncia in un comunicato anche la Rete Antirazzista Catanese, invocando il diritto d’asilo europeo invece che il proseguimento delle politiche securitarie e militari, complici di questa strage. 




Pochi giorni più tardi, la notizia di altri 50 cadaveri, mentre un ragazzo di soli 15 anni muore a bordo della nave che l’aveva soccorso in mare, dopo aver vissuto in Libia sottoposto a violenze ed indicibili condizioni di sfruttamento. Continuano a ritmo serrato gli arresti e le indagini sui presunti scafisti ad ogni sbarco, mentre la possibilità di trovare una degna sepoltura per chi non ce l’ha fatta diventa sempre più difficile 

A fine mese sono più di 300 i migranti che perdono la vita in mare in soli 4 giorni. Ma chi fugge trova la morte anche altrove, come i migranti soffocati mentre cercavano la fuga ammassati nei tir sulle rotte verso il nord Europa. L’Unhcr chiede ai governi europei interventi congiunti per la gestione di flussi inarrestabili, ma l’urgenza di canali umanitari viene ancora messa in secondo piano rispetto alle promesse di cooperazione tra le forze di polizia per fermare la tratta di esseri umani. Come se le due cose non fossero correlate

Mantenere la speranza di un cambiamento diventa una sfida sempre più difficile, per questo ancora più importante. Far sì che queste stragi quotidiane non siano dimenticate ma possano essere un monito per garantire un futuro a chi deve ancora arrivare e garantire dignità con il riconoscimento e una degna sepoltura ai morti è solo un primo passo, ma fondamentale. Dal 2013 l’ex prefetto di Reggio Calabria ha stipulato un protocollo d’intesa con l’Università Statale di Milano e un equipè specializzata di antropologi forensi e psicologi, per cercare di dare un nome ai cadaveri trovati in mare e permetterne il riconoscimento ai parenti. Un’operazione straziante ma doverosa che richiede ancora molto lavoro per riunire tutti i dati raccolti nei porti italiani, e ricordare una volta in più che non si sta parlando di numeri, ma di persone.


SBARCHI, TRATTENIMENTI E RESPINGIMENTI. COSA ATTENDE CHI RIESCE AD ARRIVARE

In deciso aumento gli arrivi in quest’ultimo mese in Sicilia. Migranti che si trovano a viaggiare sempre più spesso con i cadaveri di chi non ha superato la traversata, trovano ad attenderli numerosi agenti di Frontex, che con solerzia indagano sui presunti scafisti, ma non sempre trovano operatori altrettanto organizzati ed in grado di dare loro una prima sistemazione adeguata. Nella disperazione si cerca ogni mezzo per fuggire, come il gruppo di profughi giunto in barca a vela al largo delle coste siracusane, ma la riflessione dei più viene ancora deviata sulla caccia al “criminale” invece che sulle vere cause di tali scelte.


Con una media di 2.000 arrivi a settimana, tutti i principali porti siciliani sono interessati dalle operazioni di sbarco: Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani, Catania,Palermo, Augusta e Messina. Il numero elevato degli interventi di soccorso viene effettuato con mezzi ormai insufficienti ed il rischio di effettuare trasbordi frettolosi e forieri di ulteriori disagi per i migranti. Così diversi nuclei familiari vengono per esempio destinati a porti diversi perchè erroneamente separati durante le operazioni in mare, o spesso non si provvede all’adeguata assistenza per i più vulnerabili, come donne e minori.

Cresce quindi l’importanza di una presenza vigile e costante di attivisti che monitorino le operazioni di cosiddetta accoglienza fin dal loro sbarco e si adoperino affinchè i migranti abbiano veramente accesso alle informazioni che spettano loro di diritto. Per questo la Rete Antirazzista Catanese chiede un urgente incontro chiarificatore con il questore cittadino,all’indomani dell’ennesimo diniego ricevuto per l’accesso al porto.

Decisamente preoccupante è anche la situazione dei migranti raggiunti da provvedimenti di respingimento. A fine mese, ben 116 cittadini marocchini risultano trattenuti presso il Cie di Milo, dove si è recata in visita una delegazione guidata da eurodeputati e senatori del M5S, dopo che ad alcune associazioni indipendenti era stato negato l’accesso per motivi di ordine pubblico. I migranti originari del Marocco, non hanno potuto presenziare alla convalida dei provvedimenti emessi nei loro confronti che risulterebbero identici e quindi assimilabili a respingimenti collettivi, con una seria difficoltà da parte degli avvocati nel poter accedere al Cie e quindi garantire loro il sacrosanto diritto di difesa nei tempi brevissimi previsti dalla legge. La mancanza di tutela individuale e di un’analisi della situazione di chi proviene dall’inferno libico e non può far ritorno in patria, si sospetta pure al Cpsa di Pozzallo. Qui pare che i migranti marocchini siano celermente messi in contatto con le autorità consolari del loro paese e a fatica abbiano informazioni sui loro diritti, tra cui quello di chiedere protezione internazionale e difesa in caso di espulsione. Intanto slitta la trasformazione del Cie di Milo in hotspot, per la realizzazione del quale mancherebbero i requisiti strutturali e pure i riferimenti normativi idonei a regolamentare la permanenza dei migranti per le 72 ore previste.

Nei salvataggi in mare intanto si recuperano più di 4.000 migranti in un solo giorno, e in risposta a ciò i vertici istituzionali rilanciano la lotta ai trafficanti con le missioni di Frontex ed EURONAVFORMED, quest’ultima apparentemente già bloccata alla sua prima fase per l’impossibilità di dialogo con la Libia. L’obiettivo non dichiarato sembra quello di puntare sulla paura dell’invasione ed indebolire le iniziative dei cittadini solidali che quotidianamente provano a smascherare l’ipocrisia di politiche militari ed economiche pianificate sulla pelle dei migranti. Respingere, senza chiedersi perchè in tanti continuano a fuggire.

UN’ACCOGLIENZA DEGNA, IMPOSSIBILE DA TROVARE: IL CASO DEI MINORI NON ACCOMPAGNATI
La disorganizzazione del cosidetto sistema di accoglienza, voluta e mantenuta ad oggi, contribuisce alla proliferazione degli affari di chi fà business sulla pelle dei più vulnerabili. Sono sempre numerosi i minori non accompagnati che giungono in Sicilia via mare, anche in cento in una sola imbarcazione. Le difficoltà ad essere individuati tra gli adulti agli arrivi si sommano alle fughe repentine e alle criticità dell’accolgienza riscontrate nel palermitano e ora pure a Messina.

Fra attese, caos e desiderio di proseguire il proprio progetto migratorio, alcuni minori tentano la fuga, come le giovani eritree allontanatesi da uno Sprar del catanese, mentre altri si trovano intrappolati in centri gestiti da chi chiaramente vede in questa situazione un affare, date anche le quote di rimborso maggiori previste per l’accoglienza dei minori rispetto a quella degli adulti. Nell’agrigentino, dove ci sono più centri in assoluto per MSNA che in tutta la Sicilia, i pochi tutori volontari esistenti lamentano un abbandono che riflette una situazione di altissimo disagio e grave violazione dei diritti dei ragazzi. I giovani migranti, in solitudine e con determinazione, cercano di costruirsi un futuro migliore, ma diventano anche prede appetibili per ogni genere di sfruttamento

La cronaca riporta purtroppo ancora notizie di abusi nei confronti dei ragazzi alloggiati nelle comunità alloggio. Succede a Priolo, dove un uomo viene denunciato per abusi ricorrenti nei confronti di alcuni minori, che adescava con la promessa di soldi e regali appostandosi nei pressi del loro centro


La chiusura delle due comunità per minori di Giarre (Ct) segna la fine di una vergogna. Dopo diverse ispezioni, tra cui quella di una Commissione parlamentare d’inchiesta alla Camera, la Prefettura ha iniziato a prendere posizione in merito. Con l’arrivo del parere negativo dato dall’Asp di Catania, il sindaco della città ha emesso quindi un’ordinanza di chiusura delle due comunità che è stata immediatamente eseguita, con il trasferimento dei pochi ospiti ancora presenti.

POLITICHE MIGRATORIE LONTANE DALLA REALTA’ QUOTIDIANA. LA SITUAZIONE DI ALCUNI CENTRI SICILIANI
La situazione dei centri di accoglienza sparsi per l’isola riflette molto bene l’inattualità delle politiche migratorie vigenti, disegnate spesso intorno agli interessi economici di pochi e non partendo dalla tutela dei migranti. Nella provincia di Trapani, dove sembra prossima l’apertura di un nuovo Cas per 200 persone, l’aumento delle Commissioni Territoriali si rivela decisamente fallimentare: audizioni limitate solo ad alcuni giorni con un numero interminabile di interviste programmate; personale inesperto o con incarichi multipli; attese sempre piu’ lunghe. Così i migranti attendono, in condizioni spesso vergognose


Anche nel ragusano il prolungarsi delle attese e il mantenimento di centri con un numero elevato di ospiti, ostacola i tentativi di garantire tutela individuale ed integrazione. Spesso anche chi cerca di promuovere una convivenza dignitosa si trova costretto tra le decisioni improvvise calate dall’alto e gli infiniti cavilli della burocrazia di un sistema focalizzato sull’assistenzialismo e non sull’autonomia ed il benessere di chi arriva

Sta volgendo al termine finalmente l’attesa infinita dei profughi ospiti nei Cas di Pergusa, convocati dopo ben diciotto mesi in Commissione. Il velocizzarsi della procedura si riflette in un immediato miglioramento del clima nelle strutture, che ora non si trovano al completo ma hanno garantito la disponibilità ad accogliere i migranti allontanatisi quando faranno ritorno per rinnovare il loro permesso.

LA RISPOSTA DEL TERRITORIO ALL’IPOCRISIA ISTITUZIONALE: I CASI DI CATANIA E CALTANISSETTA

Giustificazioni non motivate in modo adeguato, disinteresse e discrezionalità nell’applicazione delle norme. Dinanzi alle barriere poste dalle istituzioni scendono in campo gruppi di cittadini attivi nella solidarietà ai migranti e nella tutela del diritto e della corretta informazione. A Catania, gli esponenti di Catania Bene Comune esigono una spiegazione dal dall’amministrazione etnea che chiama in causa le forti ristrettezze economiche del proprio bilancio per non installare bagni chimici negli spazi di transito dei migranti, mentre è stata capace di preventivare e sostenere fino a 2.500 euro di spesa per una cena diplomatica

Ammirevole il lavoro dello sportello immigrazione di Caltanissetta, che dal 2013 si adopera per contrastare il fiorente mercato delle residenze fittizzie, sorretto dall’assurda prassi che subordinava il rinnovo del permesso di soggiorno all’iscrizione anagrafica e non viceversa, come prevede la legge. Dopo essersi resi disponibili per permettere l’iscrizione al registro anagrafico dei senza fissa dimora, i volontari sono rimasti fermi nella lotta contro questo business finchè la questura cittadina ha iniziato a rinnovare i permessi anche a chi si trova sprovvisto di residenza. Rimane comunque lungo il periodo di attesa e preoccupante il fatto che, nella fase iniziale del rinnovo, i migranti si trovano privi di qualsiasi cedolino o documento e quindi impossibilitati a lavorare ed ad avvalersi dei servizi di base a cui hanno pieno diritto.

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