lunedì 3 agosto 2015

Newsletter SICILIAMIGRANTI - Luglio 2015

ü      Stragi nel Mediterraneo: i morti non si contano piu’
ü      Migliaia di nuovi arrivi sbarcati in tutta la Sicilia
ü      La chiusura di un sistema di accoglienza costruito attorno agli interessi di pochi
ü      Migranti in attesa e migranti in continua fuga
ü      Due Commissioni parlamentari europee visitano il Cpsa di Pozzallo e il Cara di Mineo
ü      La repressione che segue quando si vuol dare voce a chi si vuol far tacere


STRAGI NEL MEDITERRANEO:  I MORTI CHE NON SI CONTANO PIU’

Morire in mare non fà più notizia. Per ogni viaggio, possiamo solo immaginare quanti perdono la vita, dimenticati  da chi si preoccupa solo di difendere e militarizzare la Fortezza Europa. In Sicilia continuano ad arrivare le loro salme, anche dopo mesi, come il cadavere ritrovato a due miglia da S. Leone, nell’agrigentino, appartenente con tutta probabilità ad un migrante che non è riuscito a completare la sua traversata.
Si è svolta invece a Catania la cerimonia funebre interreligiosa per 13 delle vittime della strage dello scorso 18 aprile. Si attende il recupero delle altre vittime e del relitto, per completare le indagini. Durante la celebrazione l’imam della moschea di Catania lancia un appello per consentire ai migranti canali di accesso legale e richiama l’Europa alle sue responsabilità.
Le stragi in mare diventano ormai quotidiane: a metà luglio ben 12 migranti perdono la vita, recuperati cadaveri da un gommone mezzo affondato, mentre oltre 30 profughi muoiono annegati lanciandosi in mare alla vista dei mezzi di soccorso. Il silenzio dell’Europa, capace solo di lanciare campagne di repressione e inaugurare nuove missioni militari, è assordante.
In mare si muore anche poco dopo la partenza. L’agenzia Migrant report, che puntualmente denuncia i cadaveri abbandonati nel deserto, lancia la notizia del ritrovamento di circa 100 morti al largo delle coste libiche. Le fonti in loco parlano dell’aumento di partenze in massa e con gommoni, mezzi più economici e meno visibili ai radar, che non richiedono grande esperienza per la guida. Mentre in Italia si raccontano gli sbarchi dando sempre più enfasi alla cattura dei presunti scafisti e non al sistema che li alimenta.


MIGLIAIA DI NUOVI ARRIVI SBARCATI IN TUTTA LA SICILIA
Anche nel mese di luglio ogni settimana arrivano almeno mille migranti, se non di più, interessando diversi porti dell’isola. Assistendo agli sbarchi, ci si domanda quale contatto umano e possibilità di inserirsi in un nuovo contesto avranno i migranti che toccano terra, una volta inviati presso i centri dove la prima difficoltà è spesso purtroppo trovare chi riesca a comunicare con loro, non in itaaliano. Questo succede a Palermo come altrove, in tutta la Sicilia
Decisamente critica è la situazione per chi arriva a Catania. All’inizio del mese, duecento migranti vengono trasferiti dopo lo sbarco nella tensostruttura del PalaSpedini. Qui, per ben quattro giorni adulti e minori, e diversi casi di scabbia, rimangono abbandonati a loro stessi in condizioni disumane, senza vestiti, scarpe e con un’assistenza medica carente. In una città pronta ad ospitare la sede di Frontex e a convogliare l’attenzione pubblica sulla necessità di rimpatri più celeri, nel momento in cui si spengono i riflettori sulla macchina dell’accoglienza presente al porto vengono calpestati i diritti fondamentali di centinaia di profughi, con il benestare delle associazioni che si rimpallano le reciproche responsabilità e invocano il solito mantra dell’emergenza
Parlare di emergenza per tacere gli interessi che spiegano la mancanza di volontà nel pensare un nuovo sistema di accoglienza. E’ così che a Palermo, i minori arrivati con gli ultimi sbarchi vengono sistemati addirittura in case per anziani. Nel silenzio totale delle istituzioni che forse aspettano di affidare la gestione di futuri centri di accoglienza con i soliti criteri discrezionali e non soggetti a controlli, lasciando che qualcuno interessato a farne profitto possa entrare in scena



LA CHIUSURA DI UN SISTEMA DI ACCOGLIENZA COSTRUITO INTORNO
AGLI INTERESSI DI POCHI
La problematicità dei Cas è stata evidente fin dalla loro creazione: strutture di accoglienza autorizzate tramite bandi o, peggio ancora, affidamenti diretti da parte delle prefettura, sul cui operato dovrebbero monitorare le organizzazioni del Progetto Praesidium, dipendenti anch’esse dal Ministero dell’Interno. La coincidenza dei committenti del controllato e del controllore suscita ovviamente parecchi dubbi di trasparenza. Sospetti che diventano sempre più pesanti nel momento in cui alcune Prefetture,con la scusa di cavilli burocratici ed indagini varie, negano invece l’accesso ai centri ad associazioni che, come Borderline Sicilia, svolgono un lavoro di monitoraggio indipendente. Succede nell’agrigentino, dove migranti e operatori al limite della sopportazione riferiscono di condizioni di accoglienza nemmeno descrivibili come tali, e sono all’ordine del giorno le notizie di dimissioni dei lavoratori e ribellioni degli ospiti. Appare quindi necessario il lavoro di chi, dall’esterno, può osservare e far conoscere queste situazioni, prima che l’insofferenza degeneri in episodi di violenza e alimenti nuovo razzismo e malessere
Anche a Caltanissetta, incontrando i migranti fuori dai centri in cui non viene concesso il permesso di entrare, Borderline Sicilia viene a conoscenza di situazioni di grave disagio e malagestione riguardanti il Cas cittadino di Villa Niscemi. I profughi lamentano cibo di pessima qualità e un totale abbandono da parte degli operatori, con cui risulta quasi impossibile comunicare per la mancanza di una lingua veicolare, ma soprattutto le intimidazioni ricevute dagli operatori, che rispondono ad ogni richiesta di informazione o lamentela per le condizioni vigenti, minacciando l’allontanamento o ripercussioni sul rilascio dei documenti.

Una Commissione parlamentare, con gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria, effettua invece un’ispezione a sorpresa presso l’ex Ipab di Giarre, che ospita due comunità per minori non accompagnati. La struttura, già da tempo segnalata per non essere iscritta all’albo delle comunità socio assistenziali preposto e al centro di indagini da parte della Procura per procedure di affitto irregolari, era stata giudicata inadeguata, lo scorso gennaio, anche dall’assessorato regionale ai servizi sociali. La Commissione parlamentare, ribadendone “l’indecenza”, chiede una seria presa di posizione da parte della Prefettura, che in tutti questi mesi ha continuato a collocarvi minori.



MIGRANTI IN ATTESA E MIGRANTI IN CONTINUA FUGA
Visitando centri diversi, ci si scontra sempre con la solitudine e la frustrazione dei migranti costretti ad interminabili attese, alle quali sembra davvero impossibile dare un senso. Nella piana del Belice, la maggior parte degli ospiti i un locale centro Sprar vengono convocati in audizione dopo un anno e tre mesi. Tra i discorsi populisti che circolano per le strade, rimane sempre più debole la denuncia fatta dai migranti esausti di questa situazione

L’esasperazione fà invece spesso da padrona nei due Cas gestiti dalla cooperativa Il Quadrifoglio a Menfi (AG), dove i mesi di attesa per l’audizione in Commissione sono già nove. In un contesto dove il dialogo tra operatori e migranti è ormai ingestibile, gli ospiti preferiscono spesso rivolgersi alla polizia per avere informazioni sulla loro procedura ed esprimere il proprio disagio. Sospetto e sfiducia reciproci, portano gli operatori alla chiusura verso gli utenti e i migranti ad azioni di boicottaggio quando non hanno altri mezzi per farsi ascoltare ed avere risposte, rischiando alla fine di danneggiare solo sè stessi

Anche al cas di Pergusa, frazione di Enna, l’unica attività che movimenta le lunghe giornate di attesa dei migranti è il corso di italiano, in una struttura lontana dal centro abitato e in condizioni non proprio ottimali. Ma per la ristrutturazione dei locali bisogna aspettare, come per la Commissione, mentre nei sogni di molti la fuga dall’Italia si fà sempre più concreta. Imprigionati in un limbo e senza prospettive reali per il domani è davvero difficile resistere, pure per chi, come i minori ospiti in uno centro Sprar di Vittoria, ha trovato una dimensione familiare e un gruppo di operatori attenti, ma continua a vedere altri migranti allontanarsi. Perchè “non poter progettare un futuro è come non poterlo vivere”.


COMMISSIONI PARLAMENTARI EUROPEE VISITANO IL CPSA DI
POZZALLO E IL CARA DI MINEO
Le Commissioni per il Bilancio e le Parità Civili del Parlamento europeo visitano il CPSA di Pozzallo. Una truope della trasmissione Agorà di Raitre fà un sopralluogo nei dintorni, raccogliendo le impressioni del sindaco e del direttore del centro, e le immagini dei vecchi barconi che ancora rimangono visibili a tutti nel porto. Intanto, in attesa degli europarlamentari, molti migranti vengono trasferiti dal CPSA in tutta fretta verso i centri vicini. Ma le questioni da sciogliere sono molte: Dall’attesa di un bando per l’assegnazione di un ente gestore al CPSA (quello attuale viene riconfermato di mese in mese) all’indagine giudiziaria sulle precedenti gestioni. Rimane sempre aperta poi la questione sui trattenimenti dei migranti che superano le 72 ore previste per legge. Grande incertezza e preoccupazione inoltre sulle modalità di identificazione, con le impronte che sembrano essere prese con più o meno scrupolosità a seconda Delle circostanze, lasciando nella paura chi spera di raggiungere altre mete europee.

Gli europarlamentari si recano anche al Cara di Mineo (CT). Borderline Sicilia, presente sulla lista degli invitati ufficiali della delegazione, viene in un primo momento esclusa su disposizione del Ministero dell’Interno. Solo dopo alcune ore di attesa, grazie all’intervento e all’indignazione di alcuni europarlamentari, viene consentito l’accesso al centro al nostro operatore. La sua intervista su RaiTre
Proseguono le indagini della procura di Catania sugli interessi attorno al Cara di Mineo, mentre si consuma nel silenzio il dramma quotidiano di chi è costretto a vivere per anni in un limbo all’interno del centro. Borderline Sicilia, insieme ad alcuni membri della Rete Antirazzista catanese, si reca periodicamente fuori dalla struttura per incontrare alcuni ospiti, dando loro l’occasione di essere ascoltati e le informazioni riguardo diritti e doveri di chi chiede protezione internazionale all’interno di un Cara in cui la tutela individuale è totalmente inadeguata e  incompatibile con le 4000 persone presenti


LA REPRESSIONE CHE SEGUE QUANDO SI VUOLE DAR VOCE A CHI SI
VUOL FAR TACERE
Scatta l’immediata denuncia per vilipendio alla bandiera nei confronti di un appartenente al collettivo lampedusano Askavusa. L’attivista aveva piazzato una bandiera dell’Unione europea contrassegnata con una svastica durante la ripresa di una serie tv, per denunciare le politiche neo-coloniali e imperialiste messe in atto dall’Europa nella gestione delle migrazioni. L’intento di richiamare l’attenzione pubblica sulla riapertura delle indagini per mancato soccorso nella strage del 3 ottobre del 2013 ha prodotto un subitaneo intervento della polizia, in contrapposizione con l’immobilismo di fronte alle irregolarità all’interno del CPSA di Lampedusa, in cui cresce l’ interesse più per il profitto che per la dignità e i diritti fondamentali dei migranti
In un comunicato congiunto Borderline Sicilia e la Rete Antirazzista catanese si schierano contro l’apertura della sede di Frontex a Catania. In una città dove non sembrano esserci fondi per garantire ai migranti un’accoglienza degna, si aprono le porte ad un’agenzia che pattuglia e militarizza il Mediterrraneo e si occupa di schedare ed organizzare voli di rimpatrio congiunti, che si traducono di fatto in respingimenti collettivi dei migranti. Con grossa incertezza e ambiguità rispetto ai luoghi, agli Stati interessati, oltre ai fondi destinati alle operazioni


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