- Ennesima strage nel Mediterraneo: piu’ di trecento migranti perdono la vita in mare
- Da Mare nostrum a Triton: il fallimento annunciato delle nuove politiche di gestione dei soccorsi
- Nuovi sbarchi: Lampedusa torna ad essere il primo punto di approdo
- I limiti dell'accoglienza che rimane focalizzata sull'emergenza
- La tutela dei diritti dei migranti come primo passo per la costruzione di una societa' migliore
ENNESIMA STRAGE NEL MEDITERRANEO: PIU’ DI TRECENTO MIGRANTI PERDONO LA VITA IN MARE
E’ stata una
strage preannunciata quella che ha visto più di 300 migranti perdere la vita in
mare solo nei primi giorni di febbraio. Centinaia di persone morte per
assideramento e ipotermia, raggiunte troppo tardi dai soccorsi decisamente
inadeguati, che hanno sostituito le operazioni di Mare Nostrum
Il salvataggio
dei migranti è stato delegato per lo più alle piccole imbarcazioni della
Guardia Costiera, nonostante le pessime condizioni meteo, e l’operazione si è
rivelata totalmente fallimentare. Mentre i migranti non possono rimandare la
loro fuga dalla guerra e dalle violenze, sempre più incalzanti, il loro arrivo
diventa sempre più incerto e affidato alla buona sorte
DA MARE NOSTRUM A TRITON: IL FALLIMENTO ANNUNCIATO DELLE NUOVE POLITICHE DI GESTIONE DEI SOCCORSI
Le pesanti
criticità di Triton e del nuovo sistema dei soccorsi erano già note a chi si
interessa della situazione dei migranti e non ha esitato a denunciarle dall’inizio.
I racconti di chi riesce ad arrivare denunciano le gravi conseguenze di questi
cambiamenti, in un momento in cui la situazione in Libia va sempre più ad
aggravarsi.
Purtroppo
però, anche dinanzi alle nuove stragi, la propaganda di alcuni politici mira
solo ad offuscare le vere cause del fenomeno migratorio, e presenta come unica
soluzione la difesa e la chiusura delle frontiere, spingendo ad un’indifferenza
totale verso chi è costretto a scappare per sopravvivere rischiando nuovamente la vita.
Alla luce dei
recenti eventi risulta invece improrogabile un radicale cambiamento delle politiche
e delle leggi europee in materia di immigrazione, unitamente all’immediata
riorganizzazione del sistema di prima accoglienza.
NUOVI SBARCHI: LAMPEDUSA TORNA AD ESSERE IL PRIMO PUNTO DI APPRODO
Lampedusa
torna ad essere il primo punto di arrivo per chi si mette in mare
Gli sbarchi
continuano anche in condizioni metereologiche decisamente avverse, che mettono
ancor più alla prova la precarietà dei mezzi di soccorso, e danno il polso
della drammaticità della situazione in cui si trovano i profughi.
L’arrivo a Lampedusa
e nei luoghi di successivo trasbordo, porta alla luce anche tutte le
problematiche irrisolte della prima accoglienza. Le condizioni al CPSA lampedusano,
gestito adesso dalla Misiericordia di Isola Capo Rizzuto, risultano allarmanti,
con la presenza di centinaia di migranti costretti ad attendere condizioni
favorevoli al trasferimento. Ma anche sulle coste siciliane si ripropongono
situazioni tristemente note: i numerosi e ravvicinati arrivi sono gestiti
ancora troppo spesso con sistemazioni e trasferimenti che vedono i migranti
alloggiati in centri sovraffollati e richiedono immediatamente un coordinamento
più strutturato.
I LIMITI DELL’ACCOGLIENZA CHE RIMANE FOCALIZZATA SULL’EMERGENZA
La lentezza
del sistema burocratico e l’ingiustificabile disomogeneità delle prassi tra le
diverse Questure e Commissioni, si accompagna ancora frequentemente ad una
gestione improvvisata dei centri di prima accoglienza.
A Rosolini, in un Cas riaperto da poco, una
trentina di migranti attende da mesi di poter iniziare la procedura di
richiesta di protezione internazionale, senza ricevere un adeguato supporto
legale. Mesi e mesi trascorsi in sospeso in una struttura distante dal centro
abitato, dove vige la regola di uscire accompagnati dagli operatori, che
diventano l’unico punto di riferimento per i profughi. In un contesto dove la
buona volontà di alcuni non può e non deve giustificare gli inadempimenti del
centro.
Anche gli
ospiti dell’albergo Alessi, Cas di Mazzarino, reclamano un’assistenza legale
che spetta loro di diritto ma che dichiarano di non avere, approfittando della
nostra visita per illustrare tutti i loro dubbi sulle procedure ed il lavoro
della Commissione, ponendo l’accento sulle modalità discriminatorie nei
confronti dei cittadini provenienti dal Punjubi.
Rimangono
ancora infinite le attese dei minori non accompagnati, alloggiati in grandi
centri di prima accoglienza. Nel Cas di Villa Montevago a Caltagirone, riaperto
da novembre con una nuova gestione, i ragazzi vivono nell’attesa di andarsene,
contando i giorni che li separano dal tempo massimo dei tre mesi, dopo i quali
sanno che per legge dovrebbero essere trasferiti in una struttura adeguata
In una
situazione altamente scoraggiante, c’è chi comunque rimane consapevole dei
propri diritti e determinato nel chiederne conto a chi di dovere. Esasperati
dall’infinita attesa, un gruppo di minori alloggiati al Cas la Madonnina di
Mascalucia, si reca in protesta davanti alla Prefettura di Catania. In questo
caso, la risposta delle istituzioni, è l’immediata notifica del raggiungimento
della maggiore età, per alcuni, e il loro trasferimento presso il CARA di
Mineo, che vede la presenza di 4000 migranti per una capienza di 1800 persone.
All’ex Ipab
Conservatori Riuniti di Scandurra di Messina, i minori presenti sono invece 136.Un
numero decisamente elevato, nonostante l’ampiezza della struttura, per un
centro di prima accoglienza che per legge ne può ospitare fino ad un massimo di
60. Una gestione discreta e attenta alla presa in carico del minore, nata e sorretta
però dalla perenne logica dell’emergenza, e costantemente esposta a tutto
quello che da ciò ne può derivare.
LA TUTELA DEI DIRITTI DEI MIGRANTI COME PRIMO PASSO PER LA COSTRUZIONE DI UNA SOCIETA’ MIGLIORE
La situazione
di crisi e mancanza di coesione sociale impone un attento monitoraggio ai fatti
riportati dalla cronaca, spesso inesatti e forieri di nuovi atteggiamenti
discriminatori. La denuncia di quattro venditori abusivi di sigarette nei
pressi del cara di Pian del Lago, e i continui allarmi per la diffusione di un
nuovo mercato illegale, forniscono una ricostruzione molto parziale della
situazione.
Fortunatamente,
chi non ha voce, riesce a volte a trovare gli strumenti per difendersi.E’
questo il caso di un giovane senegalese, destinatario di un provvedimento di
respingimento emesso dal questore di Siracusa, che ha inoltrato un ricorso
vincente. Il suo avvocato difensore, ricordando che le controversie in materia
di protezione internazionale fanno capo alla giustizia ordinaria, si è
appellato anche alle sentenze della Cassazione, sottolinenando che “l’Italia non è dispensata dal dovere di rispettare i propri
obblighi, derivanti dall’art. 3 della Convenzione per il fatto che i ricorrenti
avrebbero omesso di chiedere asilo o di esporre i rischi cui andavano incontro”.
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