venerdì 2 maggio 2014

Salvati e poi espulsi. La storia kafkiana dei nigeriani di Pozzallo

Da terrelibere di Antonello Mangano
Un gruppo di nigeriani è stato espulso a Pozzallo senza motivo. Non hanno avuto accesso all’asilo e sono diventati – per la legge – dei fantasmi. Tra loro una donna incinta. È l’ennesima emergenza creata, voluta, malgestita. Dall’Italia ormai transitano solo profughi che cercano mete migliori. Ma è ancora vivo l’immaginario leghista dell’invasione.


CATANIA – «Prima ci hanno salvato, gli altri ora sono nelle villette di Mineo, noi in mezzo a una strada con l’obbligo di tornare in Nigeria in sette giorni». Vivono da febbraio una situazione kafkiana gli africani arrivati a Pozzallo. Tecnicamente hanno ricevuto un provvedimento di «respingimento differito» e devono lasciare il territorio italiano su cui sono entrati in maniera irregolare. Ma come loro migliaia di altri migranti che però sono stati accolti nelle varie strutture, dove possono chiedere asilo.
Il loro legale allarga le braccia. L’unica spiegazione “razionale” è quella di un tentativo maldestro di svuotare un centro in quel momento da ristrutturare. Possono ancora teoricamente chiedere asilo, ma dovranno farlo all’interno di un CIE, luoghi generalmente definiti peggio delle carceri. Tra loro c’è una donna incinta. Benvenuti in Italia, dove il diritto cede il posto alla roulette russa.
Il gruppo dei nigeriani fa parte dei tanti salvati dall’operazione «Mare Nostrum» e trasferiti in provincia di Siracusa. Uomini e donne in carne e ossa, storie inascoltate Non capiscono perché lo Stato italiano li ha prima portati sul territorio europeo per poi intimargli di tornare a casa con mezzi loro. Adesso non sanno dove andare e non possono accedere a nessuna struttura, dove chi li accoglie rischia il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
È forse la storia più assurda tra le tante che nessuno raccoglie. Migliaia di persone arrivate in Sicilia, uomini e donne in carne e ossa che non diventano nomi e vicende ma generici «fratelli migranti» per alcuni, «clandestini invasori» per gli altri.
Fuga dalla guerra
Eppure la questione da chiarire è ormai solo una: guerre e diritto d’asilo, regolamento Dublino e corridoi umanitari. Arrivano dalla Siria, in guerra da più di due anni; dal Corno d’Africa, dove i conflitti sono endemici; dal Mali, dove l’intervento francese ha risolto poco; dal Gambia, dove una dittatura sconosciuta in Europa costringe alla fuga di massa. I migranti economici sono sempre meno. «È un luogo comune che gli irregolari arrivino con le barche», ci spiega Paola Ottaviano, avvocato dell’associazione Borderline. «Nonostante i tempi molto lenti, fino a due anni, il riconoscimento dell’asilo arriva al 70%. È gente che fugge realmente da situazioni di conflitto».
Quasi tutti passano dalla Libia, dove l’intervento Nato contro Gheddafi non ha risolto nulla. Il nuovo potere è fragile nonostante i tentativi europei – in particolare italiani – di addestrare le forze armate con numerosi programmi sovrapposti.
I programmi di cooperazione militare con la Libia Così i profughi arrivano pagando i trafficanti anziché una normale compagnia aerea o di navigazione; rischiano la pelle nonostante le operazioni militari o civili di salvataggio; sono un’arma di ricatto per i regimi Nordafricani. La soluzione dei corridoi umanitari non è mai stata presa seriamente in considerazione. È ancora forte l’immaginario creato dalla Lega. L’invasione degli africani. Anche quando in Italia non vuole rimanere più nessuno.