venerdì 21 febbraio 2014

DIECI GIORNI A LAMPEDUSA

Nei giorni precedenti e successivi all’iniziativa della Carta di Lampedusa siamo stati sull’isola per cercare di capire meglio la situazione generale sull’isola. E’ interessante notare come, nell’arco di due settimane con gli arrivi dei migranti soccorsi da Mare Nostrum, la situazione sia già cambiata.
Infatti, solo qualche settimane fa il Cpsa di Lampedusa non era ancora operativo e nessuno sapeva quali fossero le sorti. Questa è la “fotografia” che abbiamo scattato durante la nostra breve permanenza sull’isola cercando di comunicare con diversi interlocutori rappresentativi dell’isola: dalla gente comune agli incaricati istituzionali.

IL SENTIRE COMUNE
 Parlando con diversi Lampedusani in contesti differenti abbiamo rilevato le seguenti sensazioni:
Spesso i migranti vengono definiti , “clandestini”,  anche quando apparentemente non vi è intenzione di attribuire al termine alcune connotazione negativa.  Viene, infatti, comunemente utilizzato come un termine neutrale.
Esempi:
Mario: “io da sempre sono con i clandestini” , “Dopo quella della pesca e del turismo a Lampedusa ora si è piantanta un’altra azienda: quella della morte”.
Maria: “ I clandestini sono trattati meglio di noi: alla guardia medica prima fanno passare loro e poi noi”
Inoltre, abbiamo rilevato quanto sia ancora molto forte il ricordo del 2011. Alcuni di loro ci raccontano che improvvisamente l’isola si era trasformata, in senso negativo, e la situazione si era fatta ingestibile causando molti cambiamenti anche nella vita di ogni giorno.
Mimmo: “ prima del 2011 la porta di casa mia non era mai stata chiusa a chiave. DA allora tutti sull’isola chiudono la porta” perché, racconta che in quel periodo i migranti “accolti” in condizioni disumane, che non garantivano loro neppure i diritti basilari, si introducevano nelle case, bivaccavano in paese e spesso l’abuso di alcool sfociava in risse, con la percezione della popolazione che nulla si potesse fare per arginare questo degrado. “I carabinieri ai tunisini non li toccavano perché se ci facevano un video passavano i guai e perdevano i posti di lavoro. Non ci facevano niente a loro, anche se gli sputavano non reagivano, loro non reagivano”, dice una signora anziana.

Abbiamo avuto anche la percezione di una diffusa sensazione che i migranti siano privilegiati rispetto agli abitanti dell’isola per quanto riguarda l’accesso alle cure mediche.  Ci hanno raccontato di volte in cui è accaduto che alla “guardia medica” , “facevano passare i clandestini avanti”, e che per questo disservizio e la puzza che c’era, molti abitanti evitavano di recarsi all’ambulatorio.  C’è chi pensa che la soluzione sia in due strutture differenziate una per i cittadini italiani, l’latra per i migranti.
In particolare una donna ci ha detto  “non è questione di razzismo. Il razzismo non c’entra niente. Non posso portare mio figlio in un locale dove non si può respirare”. Sollecitata, a questo punto, a raccontarci com’era l’assistenza medica negli anni precedenti al 2008, ammette che è sempre stato così e che è dunque un problema di disservizio indipendente dalla questione dei migranti.

Pare che la sensazione di abbandono e di condizione dei privilegi dei migranti sia legata a diverse importanti carenze infrastrutturali dell’isola. Molto marcata la questione della mancanza di un ospedale e i costi ( non solo economici) che ciò comporta - la cifra per partorire che ci viene riferita oscilla tra i 5000 e i 10000 euro – e la questione dell’inagibilità della scuola elementare ( col pericolo di vita al quale sono esposti i bambini che la frequentano).

Abbiamo inoltre percepito la sensazione da parte degli isolani di un’attenzione esterna su Lampedusa tutta rivolta alla questione dei migranti, mentre a nessuno interessa la condizione di disagio generale vissuta quotidianamente dagli isolani, legata alle gravi carenze  dei servizi essenziali, in primis l’istruzione e la sanità.
Attenzione che infierisce negativamente anche sull’immagine dell’isola. In molti sollevano i danni inferta all’immagine turistica da parte degli “sbarchi” e della ”emergenza immigrazione”.
Un altro elemento di osservazione è stato la presenza massiccia di militari e forze dell’ordine di cui molti abitanti sembrano non comprenderne l’effettiva utilità. In diversi parlano della loro presenza numerosa nei bar a tutte le ore del giorno ed è ricorrente l’idea che da una parte vengano spesi molti soldi inutilmente, mentre dall’altra che la loro incisiva presenza limiti, da ormai diversi anni, la libertà sull’isola. D’altra parte è palese come l’indotto economico legato al dispiegamento militare venga visto con favore dai commercianti e albergatori.

INCONTRO CON LA MARINA MILITARE presso il campeggio nel quale insiste la base logistica di terra dell’operazione “Mare Nostrum” a Lampedusa.
La nostra conversazione con uno dei militari è stata incentrata principalmente sull’operazione “Mare Nostrum”. Egli ha descritto il lavoro della Marina in questo modo: “salviamo vite e facciamo guerra ai trafficanti… C’è stata un’evoluzione della tratta: le sigarette, poi le armi e ora “cristiani”. L’importante per noi è salvare le vite.  “Mare Nostrum” è un’operazione militare che ha già salvato 8.000 migranti nel mar Mediterraneo”.
Attualmente sono impiegate 7 navi da guerra nel Canale di Sicilia.
Per quanto riguarda Lampedusa, il militare confuta la nostra affermazione di un aumento della presenza delle forze armate sull’isola, precisando che i militari della Marina attualmente presenti, come supporto logistico all’operazione, siano solo 12. Riguardo ai tempi di durata della missione ci dice che , al momento, è confermata fino a fine febbraio e si attende la conferma da parte del Governo italiano che sta cercando accordi con NATO o ONU o UE per il finanziamento, poiché lui stesso ammette che la dispendiosità di tale operazione é molto alta. Afferma ancora che con l’impegno di queste organizzazioni si potrebbe arrivare ad avere nel Canale di Sicilia  ben 20 navi.  
Alla domanda: “ Perchè proprio l’impiego di navi da guerra per il salvataggio dei migranti?”, risponde che solo navi di questo tipo possono garantire il salvataggio di numerose persone assicurando, da una parte, la giusta fornitura di acqua e viveri, un equipaggio abituato a stare in mare in qualsiasi condizioni meteo, e servizi di pronto intervento per assistere i migranti soccorsi ( tra cui una sala operatoria o un servizio di ginecologia), e dall’altra parte il  contrasto al traffico di esseri umani. A questo proposito, sollecitato sulla questione delle procedure di identificazione a bordo, prima dichiara di non esserne al corrente, poi ne spiega la necessità per l’individuazione di eventuali scafisti e altri criminali o squilibrati che potrebbero mettere a repentaglio l’incolumità dell’ equipaggio. Lui stesso afferma che è una gran responsabilità far salire persone su una nave equipaggiata da guerra.
Infine, ci tiene a parlare del sacrificio che fanno i militari in missione: lontani dagli affetti, senza tempo libero, rare licenze. La loro è una missione e non è un lavoro e, continua, però si  scrivono sempre cose negative sul loro conto. Del resto, lui “le ha fatte tutte le missione degli ultimi anni: Afghanistan Libano, Balcani…e Lampedusa”.

INCONTRO CON LA GUARDIA COSTIERA.
Il messaggio del comandante tenente di vascello Giuseppe Cannarile è chiaro e conciso, parlando dell’impegno della Guardia costiera nell’ambito degli arrivi dei migranti via mare , afferma: “Il nostro obiettivo è salvare le vite… il successo è l’incolumità del naufrago. Non importa chi e come , il fine ultimo è questo.”
Riguardo “Mare Nostrum”, evidenzia che 8.000 persone sono state salvate dall’inizio dell’operazione.
Sollecitato sull’opportunità di tale operazione,  a scanso di equivoci, sottolinea come il ruolo istituzionale che ricopre impone una continuità nel tempo avulsa dal cambiamento delle correnti politiche. Tradotto: non esprime giudizi sull’operazione “Mare Nostrum” ma ritiene legittimi gli interrogativi sui costi ingenti dell’operazione e sulle procedure di soccorso. A tal proposito, afferma che i salvataggi della Guardia costiera consistono in: localizzazione dell’imbarcazione in difficoltà, ricerca della nave più vicina ed eventualmente partenza immediata delle motovedette della Guardia costiera. “A noi non interessa come e perché una barca si trovi in difficoltà in mezzo al mare, il nostro obiettivo è salvare le persone e condurle nel porto sicuro più vicino”. Questa è la risposta alle nostre perplessità sui soccorsi effettuati dalle navi militari che, oltre al soccorso, procedono all’identificazione e alla ricerca di eventuali scafisti.
Per quanto riguarda la funzione della Guardia costiera il comandante afferma che nulla è cambiato, anche se chiaramente, dall’avvio dell’operazione Mare Nostrum, sono diminuite sia le richieste di soccorso da parte dei migranti sia gli interventi della Guardia costiera. Al momento permane comunque l’assetto massimo possibile (“anche se al massimo non c’è mai fine”) ovvero: 6 motovedette d’altura ed un equipaggio che conta sull’isola circa 80 unità. Il motivo di tale assetto è legato all’elevato numero di migranti soccorsi in alto mare da novembre ad ora che fa presagire, quando le condizioni meteo miglioreranno, un ingente flusso di migranti.
Del centro di prima accoglienza ci dice che non è chiuso, ma semplicemente non è operativo e che nel caso di necessità sarebbe pronto ad ospitare nuovamente i migranti trasportati sull’isola.

INCONTRO CON IL PARROCO DI LAMPEDUSA
La nostra conversazione con il parroco dell’unica chiesa dell’isola è iniziata parlando del 3 ottobre 2013 e di quanto sull’isola si sia sentita la mancanza della possibilità di elaborare il trauma collettivo di quella tragedia avvenuta a pochi metri dalla costa. La mancanza di una celebrazione sull’isola non ha dato modo di elaborare il lutto collettivo che si è vissuto per tutti quei giorni, in cui non si parlava d’altro che delle centinaia di salme depositate nell’aeroporto, e non si sapeva come spiegare ai bambini quello che stava accadendo.
Ci racconta come sia stato difficile vedere le fredde e distaccate operazioni di carico e trasporto di quelle salme a cui non si era potuto dare un ultimo saluto.
Ci parla poi del centro Caritas appena inaugurato, il quale si prefigge di essere un luogo di aggregazione per isolani e migranti e sottolinea come a Lampedusa, a parte i mesi estivi, non vi sia vita sociale e come sia dunque difficile attivare dei percorsi di cittadinanza attiva.
Per quanto riguarda la militarizzazione dell’isola, ci dice che si sente parlare di “Frontex” e “Mare Nostrum” dai mass media, ma che sull’isola non è evidente la presenza di  queste operazioni e neppure dei risultati conseguiti.
Il prete, infine, ci riferisce che circa le decisioni che si stanno prendendo sul centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola non sa niente e neanche dei lavori di ristrutturazione che sembra non stiano andando avanti. Ci parla di un vuoto politico nella gestione del centro.



INCONTRO CON IL VICE SINDACO DI LAMPEDUSA
Iniziamo l’incontro chiedendogli di parlarci di come i cittadini percepiscono la militarizzazione dell’isola. Ci dice che dopo il 3 ottobre 2013 la presenza massiccia di militari e forze dell’ordine infastidisce relativamente  perché è ancora talmente forte il timore che possa capitare nuovamente una cosa simile che non si vuole rischiare di trovarsi impreparati. Per cui la presenza di funzionari deputati ad intervenire nel caso di emergenza è vista ora più favorevolmente. D’altra parte, questa militarizzazione massiccia è vista sfavorevolmente quando osteggia il turismo. E a proposito, ci parla anche della strumentalizzazione mediatica dell’immigrazione, la quale viene periodicamente amplificata perché l’immigrazione a Lampedusa fa notizia e spesso, nella bella stagione i giornalisti amplificano la realtà lanciando “ allarmi che danneggiano l’azienda turistica”.
Quando chiediamo anche a lui notizie sul centro di contrada Imbriacola, ci dice che non possiede alcuna notizia ufficiale. Ci spiega che è solo in grado di dire che nessun decreto ministeriale ne ha ufficializzato la chiusura, ma che l’amministrazione comunale non viene tenuta in nessun modo informata dal Ministero delle sorti del CSPA.


Redazione Borderline Sicilia Onlus