martedì 5 novembre 2013

Incuria e sfruttamento nel Trapanese

Se vogliamo farci un’idea precisa di come il Governo regola il fenomeno dell’immigrazione è sufficiente fare un giro per la provincia di Trapani.
Come spesso abbiamo detto e denunciato, Trapani è il laboratorio sperimentale per verificare come reagiscono i migranti (dai tempi del Serraino Vulpitta) e la gente che vive questo fenomeno in prima persona.
Oltre al CIE (Milo) e al CARA (Salinagrande), possiamo trovare palestre e tendopoli, caseggiati abbandonati nelle campagne che diventano luogo di dimora per centinaia di migranti sfruttati.

Al CIE di Milo continuano le fughe con cadenza quasi giornaliera. Frequenti le rivolte e le proteste dovute alla condizione di assistenza davvero carente dopo la revoca da parte della prefettura dell'appalto di gestione del centro originariamente assegnato al consorzio Oasi.
Al CARA di Salinagrande la situazione è in un precario equilibrio tra gli ospiti presenti, le forze dell’ordine e gli operatori che non sono messi in condizioni di lavorare, visto che la prefettura continua a riempire un centro che dovrebbe ospitare soltanto 260 migranti (ne contiene più di 400).
Inoltre la società di trasporti urbani della città trapanese che consentiva ai migranti ospiti del centro di usufruire dell’unico autobus che raggiungeva il centro di accoglienza non è più in grado di garantire il servizio perché “i migranti non pagano il biglietto” con conseguente taglio della linea. La prefettura non si è mai impegnata a garantire il servizio.
In questa situazione di disagio psicologico e costrizione è facile perdere la pazienza per futili motivi, e così le liti tra i migranti presenti nel CARA si sono moltiplicate negli ultimi mesi.
Questa situazione è figlia dell’incuria e dell’incapacità di studiare un piano immigrazione, e quindi, come per il 2011, siamo in EMERGENZA SBARCHI!!
E, si sa, quando siamo in emergenza il governo può agire più facilmente, approvando  l’operazione Mare Nostrum e il nuovo piano di intervento di accoglienza.
Cosa prevede? Ricordate il 2011?
Il piano prevede il riempimento di tutti i centri (fino all’esaurimento) esistenti e la nascita di nuovi che sono, ormai anche questi, tutti strapieni. E la prefettura di Trapani, come la Protezione civile nel 2011, ha indetto un bando per i nuovi centri per l’accoglienza a 30 euro per ciascun migrante.
Un giro di affari in cui molti, come allora, si sono buttati a capofitto nella speranza di fare un po’ di “soldi”; così tanti alberghi si sono convertiti in centri di accoglienza, così come le strutture abbandonate che i vari consorzi hanno affittato per adibire in centri per immigrati.
Chi sbarca in Sicilia viene smistato in un Cara, in un Cie o in una palestra o, ancora, in uno di questi nuovi centri.
E chi non arriva in Italia da Lampedusa? Altro problema, perché per chi arriva in Italia per via “terrestre” e si presenta direttamente alle questure chiedendo asilo, (perché non hanno la possibilità di continuare il proprio progetto migratorio per questione economiche o per altri problemi) essendo i centri strapieni, non ci sono posti e sono costretti a vivere in caseggiati abbandonati a ridosso dei centri o in tendopoli nelle campagne siciliane.
Attualmente, dopo Alcamo e Marsala (per restare nella provincia trapanese), le tendopoli sono fiorite come
ogni anno a Campobello di Mazara (fenomeno che si ripete da almeno 5 anni), dove sta per terminare la raccolta delle olive, e dove più di 600 migranti si sono trasferiti nella speranza di guadagnare, nella speranza di avere una possibilità, nella speranza di realizzare un sogno. Ma quanto costa?
Tanto, visto che il mese scorsoun ragazzo senegalese ha anche perso la vita per le ustioni riportate a seguito dell’esplosione del fornello da campo.
In questi giorni moltissimi partiranno a fine raccolta e si sposteranno a Catania per la raccolta delle arance, dove si formeranno altre tendopoli, e dove si continuerà nello struttamento, dove i caporali continueranno ad
umiliare i malcapitati di turno, dove i proprietari terrieri approfitteranno della cecità dei nostri politici e dall’incuria delle istituzioni.
Ma probabilemente a molti di noi conviene non vedere e non sentire le urla di dolore per continuare a pagare meno al supermercato l’olio “nostrano” o, ancora, le aranciate siciliane, l’uva di Marsala e di Alcamo, le patate di Cassibile o i pomodori di Pachino. Forse le istituaizioni non intervengono per mantenere un economia ormai allo sbando che si regge soltanto sulla forza lavoro migrante?
Ai posteri l’ardua sentenza, ma per alcuni di noi è utile capire da dove vengono certi prodotti che costano poco e cominciare a fare scelte etiche, fare consumo/economia critica e solidale.


Alberto Biondo

Borderline Sicilia Onlus