Il natante si capovolge a largo delle coste lampedusane perché, scrivono i giornali, i migranti avrebbero cominciato ad agitarsi per farsi notare da un’imbarcazione maltese nella speranza di essere avvistati, facendo perdere l’equilibrio all’imbarcazione, contenente circa 250 siriani e siropalestinesi. Uno dei primi superstiti recuperati racconta dinamiche diverse. Ci sarebbe stata una frattura dell’imbarcazione la quale avrebbe cominciato a imbarcare dell’acqua, rimossa poi grazie all’intervento di alcuni migranti stessi. Poi, nel tentativo di mantenere un equilibrio ancora più fragile a seguito del guasto e delle onde, i migranti avrebbero cominciato a spostarsi sempre più velocemente a poppa e a prua per bilanciare il peso del barcone, col risultato di provocarne però il rovesciamento. Il natante si trovava a circa 80 miglia da Lampedusa, ma già in acque territoriali di Malta, che ha quindi coordinato le operazioni di salvataggio e richiesto l’aiuto della Marina militare italiana.
Intorno alle 21 i primi superstiti vengono trasferiti in elicottero a Lampedusa. I sommozzatori maltesi giunti nell’eliporto lampedusano parlano di immagini terribili. Il bilancio fino a stamattina è di 206 superstiti e 34 morti, di cui almeno 10 bambini, molti dei quali di appena qualche mese. Il dramma rimbomba nel silenzio dei primi superstiti. Poi arrivano i cadaveri, trasportati nel corso della notte dalle motovedette al molo Favaloro, dove ancora una volta vengono disposti i corpi, a sole due settimane di distanza dal naufragio della Tabaccara. 22 fino a stamattina le salme giunte sull’isola e 9 i sopravvissuti portati d’urgenza al Poliambulatorio.
Poche ore dopo, quando ancora non si conosce la
destinazione degli altri superstiti (trasportati alla fine a Malta), giunge la
notizia di un altro barcone, arrivato da solo a un miglio dall’isola con 90 siriani
e palestinesi a bordo, tutti in buone condizioni. Altri 90 giungono verso le
8.15, sempre al molo Favaloro: si tratta principalmente di eritrei ed etiopi,
tra cui una donna al nono mese di gravidanza, con contrazioni, trasferita in
elisoccorso ad Agrigento. E mentre l’isola si riempie nuovamente di migranti,
cominciano ad essere trasferite le salme del naufragio del 3 ottobre. Una nave
militare ne imbarca una settantina circa, per trasportale a Porto Empedocle,
sorprendendo i tantissimi parenti delle vittime eritree, giunti nell’isola per
il riconoscimento delle salme. L’amministrazione locale, in collaborazione con
i Carabinieri e le altre forze dell’ordine e grazie al supporto di Caritas e l’Associazione
Askavusa, aveva infatti messo in moto una macchina di accoglienza e supporto
per i tanti Eritrei residenti in Europa giunti per riconoscere le immagini dei
loro cari morti, pubblicate in un catalogo gestito dai Carabinieri. Dalle 16 di
ieri, infatti, era operativo uno sportello presso la caserma dell’isola per
permettere l’identificazione delle foto rilevate durante le ispezioni dei
cadaveri, mentre il comune aveva predisposto alloggi e pasti gratuiti contando
sulla generosità dei Lampedusani e sulla disponibilità della parrocchia e di alcuni
esercenti. Numerose le immagini di dolore al momento dell’identificazione delle
foto e della visita all’hangar, nonostante la presenza di uno psicologo e di
diversi mediatori culturali eritrei inviati sull’isola per prestare assistenza.
Ma, mentre si discuteva proprio della sorte delle salme (il governo eritreo
avrebbe dato disponibilità di rimpatrio delle vittime a proprio carico), viene
disposto il trasferimento di alcune delle bare, per lasciare spazio purtroppo
ad altri morti e a nuovo dolore.
Trasferiti negli ultimi giorni anche diversi
ospiti del CSPA dell’isola, sia via mare che via aereo. Anche qui, lo spazio
lasciato è subito rioccupato dalle quasi 200 persone arrivate stanotte. E gli arrivi
via mare non sembrano dare tregua; le motovedette della guardia costiera sono
già nuovamente al largo. Ma Lampedusa non è l’unica rotta della morte.
Dall’Egitto giungono notizie di altri naufragi. Tante le dichiarazioni del
mondo politico; il sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini invita a passare dalle
parole ai fatti, invitando i governi europei a intervenire “con proprie
delegazioni nei paesi da cui salpano i profughi, per organizzare i
trasferimenti e bloccare il traffico degli scafisti”. Altrimenti, aggiunge, i
migranti continueranno a essere condannati a morte.
La Redazione di Borderline Sicilia Onlus