sabato 6 luglio 2013

L'avv. Cattelan commenta il suo recente successo giurisprudenziale sui respingimenti differiti

Ringraziamo l’avvocato Barbara Cattelan che ha commentato per noi la sentenza 15115 del 17/07/2013 della Corte di Cassazione
 - La legge non individua il giudice competente a decidere dei ricorsi contro i decreti di respingimento del Questore. Eppure, il respingimento alla frontiera può tradursi in un atto che lede gravemente i diritti dello straniero che tenta di entrare nel territorio dello Stato.

D.B., per esempio, cittadino tunisino giunto in Italia il 24/8/2011, veniva accompagnato presso il Centro di Lampedusa e qui trattenuto, di fatto senza la possibilità di uscirne, fino al 6/9/2011 quando gli veniva notificato il decreto di respingimento, e contestuale decreto di trattenimento presso il Centro di identificazione ed Espulsione di Torino, adottato dal Questore di Agrigento.
Davanti a quale giudice dolersi della violazione dell’art. 13, comma 2, della Carta Costituzionale, a mente del quale non è ammessa alcuna restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria che, nel caso di specie, si era avuto solo il 9/9/2011, allorquando il Giudice di Pace di Torino aveva convalidato il trattenimento del ricorrente, a fronte di una restrizione della libertà personale che durava da 13 giorni, e cioè dal 24/8/2011? Davanti a quale giudice dolersi della violazione dell’art. 13, comma 3, della Costituzione, a mente del quale l’autorità di pubblica sicurezza – nel caso di specie la Questura di Agrigento – può adottare provvedimenti provvisori, in casi eccezionali di necessità e urgenza previsti tassativamente dalla legge, che tuttavia debbono essere trasmessi all’autorità giudiziaria entro quarantotto ore, trasmissione che nel caso di D.B. era stata effettuata solo dopo 15 giorni dall’inizio del trattenimento, e cioè il 7/9/2011?
D.B. si è rivolto al Giudice di pace di Agrigento affinché dichiarasse l’illegittimità del decreto di respingimento adottato nei suoi confronti dal Questore di Agrigento, ma il Giudice di Pace non si è pronunciato sul merito del ricorso, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione e rimandando D.B. davanti al giudice amministrativo (che nel caso di specie era il T.A.R. Sicilia - Sezione di Palermo).
La lacuna legislativa ha consentito per anni che il giudice ordinario (il Tribunale o il Giudice di Pace) e il giudice amministrativo (il T.A.R. – Tribunale Amministrativo Regionale) si rimbalzassero la competenza dall’uno all’altro: il Giudice di Pace ha spesso dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo, ed il T.A.R., dal canto suo, declinava la propria giurisdizione a favore del giudice ordinario sul presupposto che il respingimento rappresenta, per contenuto e funzione, un provvedimento omogeneo a quello di espulsione per il quale la legge attribuisce espressamente la giurisdizione al giudice ordinario.
Di fatto, però, la lacuna legislativa, da un lato, e le opposte pronunce dei giudici investiti della questione, dall’altro, hanno determinato una inaccettabile compressione, per non dire negazione, del diritto di difesa del migrante entrato irregolarmente nel territorio dello Stato.
Finalmente, con la sentenza 15115 del 17 giugno 2013, pronunciata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite sul ricorso presentato proprio da D.B. (il cittadino tunisino trattenuto illegalmente sine titulo a Lampedusa per 13 giorni e poi trasferito al C.I.E. di Torino dal quale è stato respinto nuovamente verso la Tunisia), si può dire che si sia messa la parola fine sulla situazione di incertezza e di vuoto legislativo in materia di respingimenti: la Cassazione ha, infatti, indicato nel giudice ordinario il giudice competente a decidere del ricorso contro il decreto di respingimento adottato dal Questore.
Le conclusioni in tal senso della Cassazione si articolano intorno ad una serie di considerazioni desumibili dall’intero sistema delle norme che regolano la materia dell’immigrazione: in particolare, la Corte mette in risalto un aspetto fondamentale della disciplina del respingimento e cioè il fatto che il provvedimento del questore incide su situazioni che hanno la consistenza di diritto soggettivo, e pertanto deve trovare applicazione il principio generale secondo cui la giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi spetta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo!
La Corte mette in evidenza il fatto che i presupposti del decreto di respingimento non sono solo quelli positivi elencati dall’art. 10, Testo Unico Immigrazione (e cioè la presenza al valico di frontiera dello straniero che si presenti senza i requisiti per l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero il rintraccio all’ingresso, o subito dopo, dello straniero che si è sottratto ai controlli di frontiera), bensì anche quelli negativi consistenti dell’accertamento dell’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale (nelle sue forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria), oppure della protezione umanitaria.
In altre parole, siccome l’autorità amministrativa, nell’adozione del decreto di respingimento, è tenuta ad una valutazione, sia pur in via incidentale e sommaria, dell’insussistenza dei presupposti per la concessione dello status di rifugiato e delle altre misure di protezione internazionale o umanitaria, il provvedimento di respingimento è un provvedimento che viene ad incidere sui diritti umani fondamentali che devono essere riconosciuti allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato; e siccome tutte le controversie in materia di protezione internazionale appartengono alla giurisdizione ordinaria, anche la tutela dei diritti dello straniero destinatario del decreto di respingimento deve essere affidata al giudice ordinario.
L’istituto del respingimento alla frontiera (ed in particolare del respingimento differito, che colpisce lo straniero che è già entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o per la necessità di essere soccorso) è un istituto che, a giudizio unanime di tutti i più attenti giuristi e degli operatori sul campo, presenta plurimi profili di illegittimità sia rispetto alle norme costituzionali, sia rispetto alle norme dei trattati europei sottoscritti dall’Italia, e dunque sarebbe auspicabile un intervento legislativo di revisione dell’istituto o addirittura di sua abrogazione.
Tuttavia, lasciando da parte le illusioni utopistiche di tal fatta, l’intervento della Corte di Cassazione in commento, nel rendere percorribile la strada dell’esercizio del diritto di difesa contro il provvedimento di respingimento, rappresenta senza dubbio un passo in avanti verso una maggiore tutela dei diritti fondamentali dei migranti.


Barbara Cattelan, avvocato del foro Torino