Stamattina alle 9:30 si sono radunati le madri e i parenti dei migranti dispersi in mare al centro di Tunisi. Una ventina di parenti con le foto dei loro figli, fratelli, che mostrano le foto dei loro cari mai più visti dopo la loro partenza verso l’Italia. Si parla di centinaia di persone che non si trovano più. Ma veramente sono arrivati in Italia come affermano i parenti? Si teme di no, anche se alcuni hanno le immagini prese dai telegiornali italiani nelle quali si vedono i loro figli sulle barche nel porto di Lampedusa. Sono sicuri di averli riconosciuti. A parte poche persone però è più una speranza e un volere di averli riconosciuti che una sicurezza. Ma come si può perdere la speranza senza avere la sicurezza della morte?
Nell’appello del 19 marzo
chiedono alla Comunità Europea:
1)
la localizzazione delle imbarcazioni al momento delle telefonate pervenute
durante il viaggio e tutte le informazioni raccolte dai mezzi tecnologici di
controllo nei giorni interessati
2)
il controllo nominale da parte dei nostri tecnici dello scambio di informazioni
dattiloscopiche già avvenuto tra le autorità tunisine e italiane e
l’approfondimento della ricerca in questo senso sui database europei
3)
il confronto tecnico dei video in cui i genitori riconoscono i propri figli con
le fotografie degli stessi e la messa a disposizione delle immagini di archivio
precedenti e successive a quelle apparse nei reportage televisivi
4)
il recupero dei corpi delle persone morte durante i naufragi e il recupero dei
relitti.
Dopo
un’ora sono arrivati circa una ventina di parenti con le foto e gli striscioni:
“basta morti in mare”, “la terra è di tutti”. Hanno deciso di consegnare
l’appello alla rappresentanza della Comunità europea. Vengono accolti in due e
possono spiegare la loro richiesta.
Ma
alla fine non si sa dove va a finire questo appello disperato.
Judith Gleitze per siciliamigranti