domenica 18 novembre 2012

Intervista a Giusi Nicolini: "Io sindaco di Lampedusa, in sei mesi ho sepolto 21 cadaveri"

Pubblichiamo l'intervista rilasciata dal sindaco di Lampedusa dopo l'invio, lo scorso 15 novembre, di una lettera aperta all'Unione Europea.
Da Linkiesta. Di Lidia Baratta

«Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?». Se lo chiede Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, in un appello lanciato all'Europa. E a Linkiesta dice: «Ci siamo assueffatti alle morti degli immigrati sui barconi. Se fossero stati bianchi su una nave da crociera, ne avremmo parlato anche nei talk show». 
Giusi Nicolini, o meglio Giuseppina Maria Nicolini, da maggio è il nuovo sindaco di Lampedusa, l'isola che per i tanti immigrati rappresenta la porta d'Europa. In mezzo, però, c'è il mare. Quel mare che da anni restituisce i cadaveri di chi aveva immaginato una vita migliore in Italia, Francia, Germania o Olanda. Senza contare quelli che restano per sempre sepolti tra i flutti. Solo lo scorso 4 novembre a 140 miglia dall'isola 11 persone hanno perso la vita nell'ennesima traversata della speranza. «Lampedusa deve uscire da questa situazione di emergenza», dice il sindaco. Nel cimitero dell'isola non ci sono più posti, i loculi sono finiti. E per questo Nicolini lancia un appello all'Europa: «Questi morti non riguardano solo l'Italia o Lampedusa», dice, «perché se sono solo nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato». 
Sindaco, perché ha lanciato questo appello all'Europa?
Lampedusa, a differenza del resto d'Italia e d'Europa, vive un dramma in maniera diretta e ravvicinata, anche se la percezione dall’esterno forse non è la stessa. Per noi che viviamo qui non è accettabile che 11 morti (lo scorso 4 novembre un barcone è naufragato tra la Libia e Lampedusa, in mare sono stati recuperati 11 corpi, ndr) non facciano notizia. Magari se si fosse trattato di 11 persone di pelle bianca su una nave da crociera, si sarebbero fatti talk show e funerali pomposi. Agli immigrati che muoiono durante i loro viaggi in mare, invece, ci siamo assuefatti. Ho lanciato questo appello all’Europa per riaccendere le coscienze. Lo so che viviamo un momento di grave crisi. Ma la morte in mare di queste persone non può passare inosservata. Da quando sono diventata sindaco, a maggio scorso, mi sono stati consegnati già ben 21 cadaveri. E non conosciamo il numero delle persone rimaste in fondo al mare e che nessuno cercherà mai.
Nell'appello lei scrive: «Se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato».
Nel mio appello ho detto che se questi morti sono solo nostri allora pretendo i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Ebbene, da quando ho lanciato l’appello, ho ricevuto moltissime email di vicinanza e affetto. Vuol dire che il mio appello è servito a qualcosa e che l’Italia è fatta di persone che la pensano anche in maniera diversa. 
Lei è stata eletta alla guida di Lampedusa e Linosa lo scorso maggio. Che tipo di proposte ha fatto sul tema immigrazione?
Le politiche in tema di immigrazione non sono certo di competenza del Comune di Lampedusa, ma nel mio programma ho puntato molto sul recupero della dignità dell’isola. Il ruolo di Lampedusa non è quello a cui l’aveva condannata Roberto Maroni, come isola dove creare un centro di identificazione ed espulsione, in cui rinchiudere i migranti fino a 18 mesi in attesa di rimpatrio. Lampedusa è un’isola di soccorso e prima accoglienza. Gli immigrati qui vengono salvati e ristorati. È la geografia che ha assegnato all'isola questo ruolo di accoglienza e noi siamo orgogliosi di salvare la vita degli esseri umani, è una cosa che nobilita. Ma perché il Centro di primo soccorso e accoglienza funzioni la loro permanenza a Lampedusa non deve durare a lungo. 
Quali errori sono stati fatti in passato?
Questo problema dura da 15 anni. Il nostro cimitero non ha più posti. L’immigrazione non può essere affrontata con logiche emergenziali. Lampedusa deve uscire dall’emergenza. Dal punto di vista dell’accoglienza le cose sono migliorate, abbiamo fatto dei passi in avanti grazie a questo nuovo governo. Il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri ha preso un impegno con noi e l’ha mantenuto. I tempi di accoglienza sono diventati più brevi e in questo modo si evita il sovraffollamento del centro di primo soccorso e accoglienza, che prima creava una situazione emergenziale sia dentro che fuori. L’incendio del centro del settembre del 2011 altro non è stato che un gesto estremo dovuto proprio alle condizioni di sovraffollamento in cui i migranti erano costretti all’interno della struttura, per tempi lunghissimi e senza altra prospettiva che il rimpatrio. Perché il centro funzioni bene, la permanenza degli immigrati a Lampedusa non deve durare a lungo. Deve essere usato solo come prima accoglienza, come richiede la sua natura giuridica. Serve un turnover veloce tra chi arriva sulle coste dell’isola e chi la lascia per raggiungere le comunità o gli altri centri. Il centro deve essere svuotato continuamente. Solo così si possono garantire condizioni di accoglienza dignitose.
Perché si è rivolta all'Europa?
Come ho detto, è la geografia che ha assegnato questo ruolo a Lampedusa. L'isola è la porta d’Europa ed è per questo che mi sono rivolta all’Ue. Anche perché gli immigrati che arrivano da noi non vogliono venire in Italia. Molti si vogliono ricongiungere ai propri familiari sparsi per l’Europa, dall’Olanda alla Germania. Dunque non è solo un problema dell’Italia o di Lampedusa. L’Europa ha una grande responsabilità. Spesso si sente dire: «Aiutiamoli a casa loro». Ma facciamolo! Dobbiamo impedire che queste persone mettano a rischio la propria vita per arrivare a Lampedusa.
Molte delle persone che arrivano a Lampedusa sono rifugiati o profughi. 
Certo, molti arrivano qui chiedendo asilo politico. L'anno scorso, tramite il mare, qui sono arrivati i profughi che scappavano dalla guerra in LIbia, una guerra alla quale abbiamo partecipato anche noi. Eppure non è stato creato alcun corridoio umanitario per permettere a questi civili di abbandonare i luoghi del conflitto. C'è da precisare poi che non è che queste persone arrivano da sole con la loro barchetta salpando a Lampedusa. È gente che viene soccorsa dalle motovedette in alto mare. Il precedente governo ha dato alla Libia i soldi per comprare le motovedette, ma gli immigrati in mare a 150 miglia da Lampedusa li vanno a salvare gli uomini della Guardia costiera italiana, non i libici. Le politiche del passato sono fallite, ci sono costate dei soldi che sono poi gli stessi soldi che non vengono reinvestiti nei servizi, nel welfare, nelle scuole. Ecco perché tutto questo ha un nesso anche con la vita quotidiana del resto d’Italia e d’Europa. Farli morire così può essere una soluzione? No. Lampedusa deve rappresentare il megafono per chiedere all'Europa una revisione radicale delle politiche per l’immigrazione.