da argocatania
Grande festa oggi al CARA di Mineo, è la giornata del rifugiato. Ospiti illustri e inviti raffinati per un evento, intitolato “Dall’emergenza all’integrazione”, a cui saranno presenti le massime autorità dello Stato, dal Prefetto al Questore, ill Vescovo di Caltagirone, il capo del dipartimento della Protezione civile, rappresentati dell’Università, della magistratura e di vari enti che lavorano con i migranti.
Il “soggetto attuatore”, Giuseppe Castiglione, tirerà le fila del dibattito mattutino e poi ci saranno proiezioni (“Mare Nostro”), spettacoli e musica fino a sera. Ogni “partner” avrà addirittura la possibilità di “invitare alla festa serale 5 persone scelte dal medesimo”, di cui dovrà fare conoscere in anticipo i nominativi, per la preparazione dello speciale pass di accesso.
Contrasta con questa apparente unanimità l’assenza del Centro Astalli, che -pur essendo stato invitato- ha preferito non partecipare. La motivazione è contenuta nel messaggio di risposta, chiaro e diretto:Il “soggetto attuatore”, Giuseppe Castiglione, tirerà le fila del dibattito mattutino e poi ci saranno proiezioni (“Mare Nostro”), spettacoli e musica fino a sera. Ogni “partner” avrà addirittura la possibilità di “invitare alla festa serale 5 persone scelte dal medesimo”, di cui dovrà fare conoscere in anticipo i nominativi, per la preparazione dello speciale pass di accesso.
“ll Centro Astalli di Catania declina l’invito ritenendo inopportuno partecipare soltanto ad una festa (per quanto piena di significati) senza che gli sia consentito svolgere un continuativo servizio di ascolto e orientamento degli ospiti del CARA., così come reiteratamente richiesto. Il Centro Astalli, potendo vantare un’esperienza più che trentennale nell’assistenza e nell’accompagnamento dei migranti forzati, auspica tuttavia che nell’imminente futuro venga concesso ai propri volontari di poter servire anche i vs. ospiti.”
Da quando il presidente della Provincia è stato nominato “soggetto attuatore” e il Consorzio Sisifo ha ottenuto l’appalto della gestione del CARA, ai volontari del Centro Astalli è stato infatti negato l’accesso. Un’autorizzazione del Ministero dell’Interno aveva consentito loro di tenere, dal settembre dello scorso anno, uno “sportello di ascolto” all’interno del Villaggio. Non ritenendola valida, Castiglione ha preteso che gli fosse inoltrata una nuova richiesta, a cui ha però risposto con un rifiuto.
L’attività di “orientamento socio legale” deve -a suo dire- essere svolta, per contratto di appalto, dal Consorzio Sisifo, senza intermediari. Viene prevista tuttavia la possibilità che il Centro Astalli concordi, con il direttore del Consorzio, eventuali modalità di utilizzo dei volontari, ma le richieste inviate dall’Astalli sono cadute nel vuoto, nonostante che, alcuni mesi prima, si fosse giunti addirittura alla firma di un protocollo d’intesa.
La scelta di escludere il Centro Astalli dall’accesso al Cara non può essere motivata da ragioni economiche, dato che il loro servizio sarebbe gratuito. Si tratta quindi solo di una questione burocratica? Si è preferito evitare che ci fossero troppi occhi e troppe orecchie che vedessero e ascoltassero? Qualunque ipotesi rimane lecita, tanto più che -nonostante le difficoltà di accesso alla struttura, anche da parte della stampa- sono circolate notizie di gravi episodi verificatisi all’interno del Cara (truffe, prostituzione, decessi dai risvolti poco chiari…).
Non si capisce, d’altra parte, come si possa oggi festeggiare l’avvenuta integrazione degli ospiti di una struttura così isolata fisicamente dal mondo circostante (il paese più vicino dista più di 10 chilometri) e che non può quindi offrire opportunità quotidiane di mescolarsi alla gente del luogo o di cercare un inserimento lavorativo nel territorio, come avviene nel sistema SPRAR.
Nella giornata di oggi, inoltre, fuori dalla recinzione del Villaggio, davanti all’ingresso, ci sarà un momento di incontro interetnico, organizzato dalla Rete antirazzista catanese, durante il quale avrà luogo anche una conferenza stampa. Ma da festeggiare, secondo la Rete, c’è poco.
Le risposte negative alle domande di asilo sono infatti migliaia e, sebbene siano stati depositati altrettanti ricorsi presso i Tribunali competenti, ci troviamo davanti al pericolo che “donne e uomini che hanno perso tutto, che hanno conosciuto le bombe e le persecuzioni” rimangano senza nessuna protezione, internazionale o umanitaria. Ecco perchè la Rete Antirazzista, nell’ambito della campagna nazionale Diritto di scelta, sostiene la richiesta del permesso per motivi umanitari per i migranti fuggiti dalla Libia.
Che il diritto di asilo, previsto dalla nostra Costituzione, sia oggi messo a repentaglio da una sorta di “corto circuito giuridico” viene denunciato da un avvocato catanese, Giuseppe Carnabuci.
Ai cittadini extracomunitari, ospiti del Cara di Mineo, che ricorrono contro il rigetto della loro domanda di protezione internazionale, è stata da qualche tempo negata la possibilità di usufruire dell’assistenza legale pagata dallo Stato, il cosiddetto patrocinio gratuito (prevsito per gli indigenti), perchè i documenti rilasciati dall’Ufficio Immigrazione della Questura non sarebbero idonei ad identificarli. Il paradosso denunciato da Carnabuci sta nel fatto che l’ “attestato nominativo” rilasciato dalla Questura sia un documento espressamente prescritto dalla legge per “dare certezza dell’identità della persona fisica”. Come può quindi non essere considerato idoneo per l’ammissione al patrocinio gratuito?
Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catania, organo preposto all’esame delle domande di patrocinio gratuito, aveva sospeso per i migranti del CARA la possibilità di usufruire di questo diritto, considerando non validi i loro documenti, ma ha dovuto revocare la sospensione perchè l’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) ha tempestivamente impugnato il provvedimento davanti al Tar.
In attesa di un pronunciamento del Tribunale amministrativo è importante -aggiunge Carnabuci- che non si aggiungano ulteriori limitazioni al diritto alla difesa dei migranti, come per esempio avviene a causa degli elevati costi che essi devono sostenere (più di 120 euro) per il ricorso e per l’eventuale reclamo davanti alla Corte d’Appello.