Arriviamo verso le 15:30 e incontriamo circa 25 rifugiati davanti al cancello di Pian del Lago, centro polifunzionale di Caltanissetta: CIE, CARA, CDA - vuol dire un centro di identificazione ed espulsione, da fine marzo di nuovo aperto con 96 posti, centro di accoglienza per i richiedenti asilo e centro di accoglienza, in totale 450 posti circa, la gestione ci referisce che ci si trovano 442 persone. Possiamo parlare con quelli che stanno fuori, poi ci fanno entrare come rappresentanti dell’ ASGI, dello sportello per Immigrati di Caltanissetta e di Borderline Sicilia /borderline-europa anche nel CARA.
I 25 pakistani ed afghani e uno, come ci raccontano I ragazzi, del Sri Lanka, devono dormire fuori perché il ministero degli Interni deve dare via libera per farli entrare qui o in altri centri. Alcuni di loro aspettano qui fuori ormai da 10 giorni.
Alcuni migranti escono pure dal centro e ci raccontano che anche loro, quando sono arrivati, hanno dormito fuori per 5, 13, 20 giorni. Sembra normale che un richiedente asilo deve dormire in strada, con le macchine che passano ad alta velocità. Quelli che stanno dentro portano il cibo fuori, dividono quello che hanno.
La media della permanenza, ci dice la vice direttrice del centro, gestito dalla cooperative Albatros, sono 7 -8 mesi. I ragazzi ce lo confermano fuori – alcuni stanno più di 10 mesi qui ed aspettano la commissione per l’intervista (per la richiesta d’asilo). Sono stanchi di aspettare. Non c’è niente qui, per ogni cosa devono andare a piedi in città, almeno 4 chilometri. Entro mezzanotte devono tornare. Ma non tutti hanno il permesso per lasciare la gabbia del CARA che dovrebbe essere un centro aperto. A Pian del Lago sono chiusi dentro le gabbie, devono chiedere per uscire e normalmente escono. Ma alcuni hanno aspettato settimane per il permesso, un pakistano ci chiede perché da tre settimane non lo fanno uscire. “Perde sempre il permesso, e così sono I tempi di rinnovo”, ci dicono.
Ci sono pure 10 donne, due neonati. Stanno in uno dei container, il primo, accanto I container degli uimini. Non c’è lo spazio per nuclei famigliari. Le donne dormono tutte insieme, anche le mogli che sono arrivati con I mariti stanno con le donne singole. Il giorno passano insieme. Fa caldo nel container con 5 letti a castello. Alcuni degli uomini addirittura ci stanno in undici.
Ci si trova anche una famiglia che ha un permesso umanitario. Sono stati mandati da Manduria in un altro centro del sud e poi a Caltanissetta perché non si trovano posti SPRAR per loro. Invece di installare più posti di seconda accoglienza per famiglie li riportano in un CARA. E non è la prima volta, come ci conferma Albatros.
Vediamo da fuori il CIE ricostruito. 54 persone si trovano dentro. Non possiamo entrare. Ma ci dicono che nessuno rimarrà più di 6 mesi qui.
Dopo un giro all’ex CDA che ormai funziona come CARA torniamo fuori. Ci aspettano e ci raccontano altre storie. Sono stati mandati qui da altre questure, uno per esempio è arrivato qui dal confine svizzero. Ora non sa perché deve aspettare anche qui…Come tanti altri ci chiede aiuto.
“È una vergogna che stanno facendo qui con i migranti”, commenta una collaboratrice dello Sportello per Immigrati di Caltanissetta. Ci sono anche tanti che si lamentano per la mancanza di assistenza sanitaria. Uno ci fa vedere il suo braccio rotto – nessuno gli ha mai fatto la radiografia, ormai le ossa hanno creato una forma strana. Ci racconta che il medico gli ha detto che gurarisce così…
Anche la mancanza di corsi di formazione, di lingua, di lavoro, stressa molti.
È veramente una vergogna che queste persone devono vivere in questi condizioni.
Per un approfondimento vedete fra poco anche l’articolo di Fulvio Vassallo Paleologo.
Judith Gleitze, Borderline Sicilia/borderline-europe