Non sembra diminuire la tensione al Cie di Milo, nel trapanese. Prosegue lo sciopero della fame e della sete. Ma a destare maggiore preoccupazione sono alcuni gesti estremi messi in atto dai migranti reclusi. Ieri pomeriggio un ragazzo pare si sia cucito la bocca in segno di protesta e ci sono stati due tentativi di fuga. “Gesti del genere sono la normalità là dentro” dichiara un avvocato appena uscito da un colloquio all'interno della struttura. “Il clima è teso. La polizia sta applicando una politica di rimpatrio forzato a tappe veloci. Se arriva il diniego alla richiesta di protezione entro 15 giorni si viene imbarcati su un aereo e rispediti a casa”.
Stamani alle 9 un tunisino è stato trasferito presso una struttura ospedaliera di Palermo per ricevere cure da specialisti in maxillofacciale a causa delle ferite riportate all'occhio destro in circostanze ancora poco chiare. Nei giorni scorsi qualcuno dentro il centro ha provveduto a mettere fuori uso quasi tutte le videocamere dei cellulari in possesso dei detenuti, per evitare fughe di immagini su quanto sta avvenendo all'interno.
Sono 240 i migranti che stanno scioperando all'interno del Cie di Milo. Per un giovane migrante recluso all'interno della struttura le motivazioni sono semplici: “Non vogliamo essere trattati come animali. Vogliamo rispetto”.
Milo è diventato il centro di reclusione dei soggetti più "difficili" che vengono segnalati presso gli altri CIE d'Italia. Inoltre a Milo vengono detenuti i migranti che dopo essere stati trasferiti a Palermo per essere rimpatriati in Tunisia con i voli settimanali del lunedì e del giovedì, non vengono riconosciuti dal personale consolare. I migranti provenienti dal resto d'Italia transitano dal Vulpitta (ormai centro di mero transito) prima di raggiungere l'aeroporto dove avverrà il loro rimpatrio."
GR
siciliamigranti è una finestra sulla situazione dei migranti in Sicilia. E' il blog di un progetto di monitoraggio e pronto intervento in risposta alle politiche migratorie, contingenti ed emergenziali, messe in atto dal governo italiano per gestire l'arrivo dei profughi provenienti dalla regione del Maghreb e dalla Libia.