venerdì 14 aprile 2017

L’attacco contro le Ong: perché proprio ora?

Ad una settimana esatta dalla conferenza stampa tenuta a bordo dell’Aquarius, la nave di S.O.S. Mediterranee e MSF torna al porto di Catania. Nonostante le feroci critiche, infatti, le Ong hanno continuato a pattugliare il Mediterraneo e a soccorrere i migranti, salvando da morte certa più di centinaia persone e dimostrando così che l’attività di soccorso in mare è oggi più necessaria che mai. 

La nave Aquarius a Catania


Intanto, durante lo sbarco di venerdì 7 aprile, il porto era presidiato in maniera più rigorosa del solito, tanto che il molo al di sopra l’area dello sbarco era stato completamente chiuso, impedendo a chiunque l’accesso e limitando la visibilità delle operazioni. 

Per maggiori dettagli sugli ultimi sbarchi e sui relativi respingimenti si veda: http://siciliamigranti.blogspot.it/2017/04/nuovi-respingimenti-arresti-e-hotspot-i.html#more.

La risposta dell’Aquarius alla campagna contro le Ong che operano nel Mediterraneo

La conferenza stampa del 31 marzo è stata organizzata da S.O.S. Mediterranee e MSF proprio per rispondere alla campagna denigratoria in atto da settimane sulla stampa e sulla televisione. I rappresentanti delle due Ong, lo staff medico e marittimo dell’equipaggio hanno puntualmente risposto a decine di domande, alcune basate più sulle accuse infondate che hanno avuto grande eco  nei giorni passati che su una reale conoscenza delle dinamiche della rotta mediterranea. 

Le risposte sono state più che sufficienti a smontare totalmente l’impianto accusatorio contro le organizzazioni umanitarie che operano in mare. Infatti, i rappresentanti delle Ong hanno ribadito la stretta collaborazione tra le navi private che effettuano search and rescue e il MRCC della Capitaneria di Porto di Roma (Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo), autorità che riceve le richieste di soccorso e le invia alle imbarcazioni più vicine, siano esse private o militari. Qualora sia una nave umanitaria ad avvistare un’imbarcazione in pericolo, questa è tenuta a comunicare la posizione all’MRCC, l’unica autorità che ha il compito di coordinare tutte le operazioni di soccorso nell’area SAR di competenza italiana, proprio dove le Ong operano. Tra l’altro, anche la scelta del porto di sbarco è comunicata alle imbarcazioni direttamente da Roma. Quindi, qualsiasi accusa sulla complicità delle Ong con i trafficanti cade nel momento stesso in cui le loro attività, svolte esclusivamente nelle acque internazionali nel pieno rispetto del diritto del mare, vengono realizzate in collaborazione con le autorità italiane. 

La conferenza stampa a bordo della Aquarius

Infine, nonostante le tante indiscrezioni, S.O.S. Mediterranee ha tenuto a precisare che nessuna indagine li vede attualmente coinvolti e che non sono mai stati contattati dalle autorità giudiziarie. 

Perché ora?

Una domanda a cui va data risposta, invece, è quella che gli stessi organizzatori della conferenza stampa hanno posto in apertura ai giornalisti presenti. Perché solo ora, a circa due anni dalle prime operazioni di salvataggio da parte delle Ong, è iniziata questa campagna stampa e perché proprio dall’Italia? 

La risposta non è semplice, ma è evidente che siamo di fronte ad una operazione politica e mediatica che nasce da alcune accuse e indiscrezioni mosse da Frontex e da alcuni governi europei nei confronti di tutte le operazioni di search and rescue, anche quelle militari. L’obiettivo di queste accuse sarebbe di attribuire l’elevato numero di vittime in mare alla presenza delle navi di salvataggio, distorcendo la realtà e deresponsabilizzando completamente le politiche migratorie europee di chiusura delle frontiere. L’OIM ha appena ricordato che da gennaio 2017 sono morte 667 persone cercando di arrivare in Europa, mentre le vittime dal 2000 ad oggi sarebbero più di 25 mila. La responsabilità di questa strage è solo di chi impedisce un accesso legale in Europa, sia a chi fugge da guerre e violenze che a chi scappa da miseria e povertà, e non di chi tenta di evitarla. Continuare con la politica di chiusura delle frontiere causerà sempre più morti, perché l’alternativa che hanno i migranti è morire in Libia - diventata ormai una prigione a cielo aperto - oppure attraversare il Mediterraneo, mettendo a rischio la propria vita nella rotta migratoria più pericolosa al mondo. 

Obiettivo: chiudere la rotta mediterranea

Le motivazioni degli attacchi contro le Ong vanno quindi cercate negli ultimi sviluppi delle politiche europee ed italiane, il cui obiettivo oggi è la chiusura della rotta mediterranea. L’Europa, grazie soprattutto al protagonismo italiano, sta facendo il possibile per appaltare il controllo della frontiera meridionale alla Libia, affinché nessuno possa più raggiungere le coste italiane dal paese nordafricano. Il modello è quello dell’accordo tra Turchia e UE che ormai da un anno ha decretato la chiusura della rotta balcanica, delegando all’autoritario Erdogan il controllo del confine orientale dell’Europa. L’attivismo di Minniti e il Protocollo di Intesa firmato a febbraio con la Libia dimostrano proprio questa volontà.

Letta sotto quest’ottica, la campagna mediatica contro le organizzazioni umanitarie è una chiara operazione politica orchestrata contro quegli attori della società civile che, pattugliando il Mediterraneo, ricordano all’opinione pubblica quanto quella rotta sia micidiale e la necessità di istituire dei canali di accesso legali per tutti, oltre che corridoi umanitari. Inoltre, le Ong sono scomodi testimoni di quanto accade in Libia, un paese non pacificato, senza un governo stabile che abbia un controllo generale del territorio e la cui Guardia costiera, la stessa che l’UE sta addestrando, è spesso coinvolta nel traffico di esseri umani, oltre che di furti in mare ai danni delle vittime dei trafficanti. Le organizzazioni raccolgono, salvataggio dopo salvataggio, testimonianze sulla violenza che le milizie governative e non esercitano contro i migranti, rapiti, torturati e schiavizzati senza che le autorità con cui l’Italia e l’Europa stanno cercando un accordo muovano un dito. Questo è il paese che l’Europa e l’Italia considerano un partner affidabile nella lotta alle migrazioni.  Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui le organizzazioni devono essere messe a tacere e per cui ora subiscono un attacco senza precedenti.

Le dichiarazioni dell’Ammiraglio Credendino in Commissione Difesa sul ruolo delle Ong

Intanto, anche la Commissione Difesa del Senato ha avviato un’indagine conoscitiva sulle attività delle navi umanitarie in mare. Per ora è stato ascoltato l’Ammiraglio Credendino a capo dell’operazione europea Eunavfor-Med Sophia che ha il mandato di contrastare il traffico di esseri umani, di far rispettare l’embargo di armi sulla Libia e di addestrare la Guardia Costiera libica. L’Ammiraglio ha dovuto rispondere a numerose domande, la maggior parte proprio sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Alla domanda sul ruolo di pull factor delle navi umanitarie, Credendino ha ricordato come anche Mare Nostrum avesse ricevuto le stesse accuse, smentite però dall’evidenza dei fatti, dato che a seguito della fine dell’operazione militare gli sbarchi sono incrementati e non diminuiti. Secondo l’Ammiraglio, i motivi delle partenze sono altri e vanno ricercati nei paesi di origine e nella situazione in Libia piuttosto che nelle navi di salvataggio che non fanno altro che rispettare il diritto del mare. Alle domande incalzanti provenienti soprattutto dai banchi della destra, il militare ha ricordato che il salvataggio delle persone in pericolo permette anche di entrare nelle acque territoriali di un altro paese. Inoltre, il motivo per cui le navi di soccorso si trovano così a ridosso delle acque libiche è che l’Italia, proprio perché non si potevano lasciare morire persone in mare, si è fatta carico temporaneamente dell’area SAR libica, in attesa della realizzazione di un coordinamento marittimo da parte dei libici. 

Nei prossimi giorni la stessa Commissione sentirà le diverse Ong presenti in mare e Frontex. Saranno audizioni da seguire attentamente per capire i prossimi passi della campagna di criminalizzazione delle ONG impegnate nel salvataggio di migliaia di persone.

Nicolas Liuzzi 

Borderline Sicilia Onlus