sabato 19 dicembre 2015

La caccia al migrante è aperta

Faruk, giovane migrante proveniente da un paese africano ricco di miniere di diamanti, scende dal treno insieme ad altri due amici di traversata con occhi tristi, spenti, pieni di paura. Faruk nonostante la giovane età ne ha passate tante: una mamma rimasta uccisa nel suo paese, un fratellino che non ha resistito al deserto e alle violenze dei militari addestrati dagli eserciti europei, un padre straziato dal dolore per la perdita prima della moglie e poi del piccolo figlio è stato inghiottito dal mare.

Faruk ci racconta questa storia e piange, le sue lacrime non si arrestano per una mezzora abbondante, in cui il silenzio è sovrano.
Faruk è stato preso in giro a Lampedusa perché è stato considerato migrante economico.
Faruk non ha avuto la possibilità di chiedere asilo perché le autorità italiane nell'unico hot spot funzionante non danno la possibilità a tutti di poter chiedere protezione internazionale, ma lo fanno in modo discrezionale e assolutamente vergognoso.
Faruk non ha più voglia di parlare e di fidarsi delle persone, perché a 24 anni ha già incontrato la morte troppe volte, e questo incontro ha lasciato segni indelebili e, come si dice, gli occhi sono lo specchio dell'anima e quella di Faruk è veramente spenta!
Accompagnamo Faruk e gli altri amici a prendere un boccone e dargli la possibilità di dormire sotto un tetto, ma quel respingimento consegnato ad Agrigento gli ha tolto anche l'ultima possibilità di avere una vita.
Faruk non vuole il supporto di un avvocato, perché gli italiani sono "cattivi e prepotenti" e decide di tenersi il respingimento in tasca e andare verso altri lidi.
Prima di salutarci e dirci addio Faruk ci chiede di pregare per la sua famiglia e soprattutto per il fratellino e ci mostra una foto custodita con molta cura.

I tre ragazzi intercettati alla stazione fanno parte dell’esercito di disperati creato dalla questura di Agrigento in adempimento delle indicazioni fornite dal ministero dell'Interno sotto pressione europea, col risultato che ad Agrigento si continua a respingere, anche somali ed etiopi, persino minori non accompagnati.
La situazione si fa sempre più grave e, nonostante le pressioni che arrivino da più parti, le istituzioni ad Agrigento si comportano come se fossero fuori legge: un territorio franco, consegnato alla fortezza Europa, dove si mettono sistematicamente in atto pratiche che ledono la dignità della persona.

Nell’hotspot di Lampedusa, dove nell'ultimo periodo sono state presenti fino a 1.200 persone, costrette a dormire all’addiaccio visto che la capienza massima del centro è di circa 400 posti, chi si rifiuta di fornire le proprie impronte viene di fatto abbandonato all’interno del centro di contrada Imbriacola, in attesa che questi “ceda”. A detta di chi è stato trattenuto nel centro dell’isola, chi si rifiuta di rilasciare le proprie impronte viene costretto ad assistere alle operazioni di trasferimento dei migranti già identificati, e deriso per la decisione di non farsi identificare.
Invece le persone che provengono da paesi che hanno accordi bilaterali con l’Italia (es. Marocco, Tunisia, Nigeria) possono essere trasferiti immediatamente in un C.I.E. e da lì rimpatriati; ovviamente  non sempre viene loro garantita la possibilità di accedere alla procedura di richiesta di protezione internazionale.
L’assenza di diritto a Lampedusa crea problemi anche a chi potrebbe ricongiungersi con familiari presenti sul territorio europeo, visto che tante di queste persone vengono respinte perché non adeguatamente informate di tale possibilità.

E pare che alla violenza non ci sia fine, visto che sull’isola si mettono in campo pratiche di oppressione psicologica volte a demolire le persone; come è capitato ad una famiglia irachena composta da 8 persone (tra cui tre donne –un’anziana gravemente malata e due minori) che potrebbe ricongiungersi  ad un parente prossimo in Svizzera, se non fosse che tutti i componenti si sono rifiutati di fornire le impronte, avendo avuto notizia che la Svizzera non aderisce alla procedura di ricollocamento. Questa famiglia è rimasta trattenuta all’interno dell’hotspot di Lampedusa per quasi un mese, dal 5 novembre fino al 10 dicembre scorso, senza che nessuno esaminasse la loro situazione. Queste persone sarebbero anche state gravemente insultate dal funzionario "sceriffo" di turno ed “invitati” a tornarsene da dove sono venuti. Quando hanno ceduto, sono state immediatamente trasferite in un altro centro italiano.

Diverse persone ci hanno raccontato di non aver ricevuto, all’interno dell’hotspot, alcuna informativa legale sulla possibilità di accedere a qualche forma di protezione, né di avere avuto la possibilità di manifestare la volontà di richiedere asilo. Ai Nigeriani, una volta dichiarata la propria provenienza, sarebbe stato chiesto loro di sottoscrivere un documento del quale sconoscono il contenuto e senza che gli sia stata consegnata copia. Ovviamente per tutti è seguita la notifica del provvedimento di respingimento. I migranti ancora ci hanno detto che alcune persone vengono invogliate dalla polizia stessa a indicare chi comandava la barca sulla quale hanno viaggiato, dietro promessa di un permesso di soggiorno.
 


Questo comportamento di chiusura provoca incidenti di percorso che le autorità scientificamente vogliono che accadano: ad esempio a Lampedusa dopo che circa 200 eritrei in sciopero della fame da giorni perché non vogliono fornire le impronte digitale e chiedono di potere andare in un altro paese a loro scelta (e non in base alla disponibilità delle quote di ricollocamento), nella giornata di venerdì sono scesi in piazza per manifestare la loro voglia di libertà perché si sentono prigionieri di una fortezza inespugnabile, si sentono vittime sacrificali di un sistema senza pietà che miete vittime ogni "santo giorno" (http://siciliamigranti.blogspot.it/2015/12/eritrei-cartelli-e-slogan-lampedusa.html) e che nessun giornale o tv ricorda più; ovviamente alcuni Lampedusani iniziano a ripetere che finirà come nel settembre 2011, con la “caccia al migrante”. La gente è stanca di false promesse e di vedere morire dentro tantissimi giovani, giovanissimi, messi in strada con tanta facilità davanti alla richiesta legittima e sacrosanta di un pò di umanità.
Come è avvenuto ieri a Trapani dove 48 migranti hanno protestato per il trasferimento indesiderato che a detta loro potrebbe causare ulteriori rallentamenti nella loro pratica infinita di richiesta asilo. (http://siciliamigranti.blogspot.it/2015/12/protestano-per-trasferimento-migranti.html)

In questo ambiente favorevole, le forze xenofobe, razziste, fasciste ricominciano a mobilitarsi,  hanno campo libero (grazie alla politica nazionale e europea): a Palermo si fa volantinaggio per chiedere di non aprire centri per migranti per paura di vedere il territorio rovinato, ad Alcamo un uomo investe due minori non accompagnati ospiti di un centro ad alta specializzazione che stavano protestando per i vergognosi ritardi burocratici della pubblica amministrazione, a Caltanissetta la polizia evita il linciaggio dei migranti perché uno di loro, a dire di un autoctono, avrebbe molestato una ragazza, ad Agrigento la gente si lamenta per la presenza massiccia di migranti alla stazione(http://www.lamicodelpopolo.it/primo-piano/item/1602-emergenza-migranti-servono-coperte-e-avvocati.html#.VnQm_kv7dzw), in altri piccoli paesi i migranti non possono uscire dai centri perché oggetto di insulti da parte dei passanti.

Tutto questo è voluto dallo Stato, che ha trovato il suo capro espiatorio e lo sta servendo a tutte le persone di ogni categoria sociale per distogliere l'attenzione da quello che si sta facendo, anzi,  che non si sta facendo con risultato di creare sempre maggiore povertà e di seminare odio fra la popolazione.

Speriamo di sbagliarci ma intanto Faruk è su un treno che scappa dalla parola “fine” che noi gli abbiamo messo alle calcagne!

Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus