Ci sarebbe piaciuto un inizio d’anno diverso,
avremmo voluto avere la possibilità di abbracciare e accogliere Alì, ma invece non
è stato possibile. Ci sarebbe piaciuto non dover scrivere per l’ennesima volta
che le nostre politiche hanno continuato ad uccidere anche in questo nuovo
anno, con la complicità di quel giornalismo che riporta in modo acritico le
dichiarazioni dei politici. Così sui giornali non compare neanche l’ombra di
Alì e di tanti altri.
Alì non esiste per i molti che hanno
preferito mettere in prima pagina la notizia della notte brava del giocatore
della Roma o del libro di Trump. Alì invece avrebbe meritato più spazio. Anzi
no, Alì avrebbe meritato di passare inosservato perché vivo.
Solo grazie ad alcune persone che hanno
ancora un senso di giustizia, siamo riusciti a conoscere Alì e a sapere che lui
- ragazzo tunisino di 29 anni - è stato spinto al suicidio perché non accolto.
Da mesi migliaia di tunisini che sbarcano a Lampedusa vengono rimpatriati o
portati in Sicilia, e respinti in modo sistematico. Molti, allora, hanno
cominciato a scappare dall’hotspot per paura di essere riportati indietro nella
vita infernale di prima, cercando in qualsiasi modo di abbandonare l’isola.
Purtroppo Alì non è l’unica vittima di questo
inizio di nuovo anno: oltre lui sono morte almeno altre 64 persone nel primo naufragio del 2018 al largo della Libia. I corpi di sei donne e due uomini sono stati
portati a Catania dalla nave Diciotti lo scorso 8 gennaio, insieme ad
ottantasei superstiti. E ieri sono sbarcati a Pozzallo altri ventisette superstiti tratti in salvo dalla nave Aquarius di Sos Mediterranee.
Come sempre i morti ricevono il saluto e il
commiato dagli stessi esponenti politici responsabili di queste stragi, i quali
rilasciano dichiarazioni da libro Cuore, sempre uguali e banali. Ma i
giornalisti italiani riempiono le pagine dei giornali per raccontare le
proteste dei migranti nei centri, sottolineando la futilità dei motivi di
queste persone ingrate. In questo periodo si susseguono le notizie delle
proteste a Naro, ad Agrigento, a Castelvetrano e Mazara, e ancora a Isnello e
Borgetto. Nessun giornalista si chiede il reale motivo delle proteste, nessuno
si interroga sul coinvolgimento degli enti gestori nelle stesse zone, e mai
viene sentita anche la voce dei migranti.
Raccogliamo quotidianamente testimonianze di
situazioni di abbandono, incuria e cattiva accoglienza che poi portano alle
proteste. E numerose le cooperative che gestiscono i CAS ci segnalano la
difficoltà di gestire la presenza di soggetti vulnerabili che avrebbero bisogno
di essere collocati in uno SPRAR. Ma i tempi sono lunghissimi e molti lamentano
la scarsa attenzione da parte del Servizio centrale.
Alcuni lampedusani l’altra sera hanno pregato
insieme ai giovani tunisini per Alì e per la sua famiglia, ricordandolo per
quello che era: un ragazzo di 29 anni che aveva voglia di libertà, di futuro e
che voleva soltanto continuare a sognare, nonostante per molti ciò sia vietato.
Ciao Alì, continua il tuo viaggio, là dove
non incontrerai più né aguzzini né barriere.
Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus